Al museo Galileo mostra sui danni dell’Alluvione di 50 anni fa

MOSTRA ALLUVIONE MUSEO GALILEODopo tre giorni di pioggia eccezionalmente intensa sul Nord e Centro Italia, il 4 novembre 1966, verso le sei del mattino, dopo aver già invaso alcuni quartieri della città attraverso le fognature, l’Arno ruppe definitivamente gli argini.

Alcuni curiosi informati della notizia raggiunsero la terrazza panoramica di Piazzale Michelangelo per osservare con stupore i gorghi che trascinavano via le macchine parcheggiate in Piazza Cavalleggeri, sede della Biblioteca Nazionale Centrale, e Piazza dei Giudici, sede dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza.

Il livello dell’acqua cominciò a calare lentamente verso sera.

A ritiro completo nel proprio alveo, il fiume si lasciò dietro trentacinque vittime, scantinati allagati e spessi strati di fango intriso della nafta fuoriuscita dagli impianti di riscaldamento

Per ricordare quel tragico evento il Museo ha organizzato una mostra, aperta fino al 20 novembre, che documenta i danni subiti 50 anni fa.

Situato a Palazzo Castellani dal 1930, alla vigilia dell’alluvione l’Istituto e Museo di Storia della Scienza occupava metà edificio. Gli strumenti scientifici erano distribuiti su tre piani.

Parzialmente inaccessibile, il seminterrato accoglieva poche sale dedicate alle applicazioni tecnologiche.

Oltre ad altri ambienti espositivi (chimica, farmacia, medicina, ecc.), il piano terreno ospitava l’appartamento di Maria Luisa Righini Bonelli (1917-1981), dal 1961 direttrice del Museo.

La parte più antica delle collezioni, comprendente i cimeli galileiani, era esposta al primo piano.

Il resto del palazzo (secondo e terzo piano) ospitava l’Accademia della Crusca e la Deputazione di Storia Patria.

La peculiare dislocazione delle collezioni comportò danni ingenti, ma non tali da compromettere il futuro del Museo.

Figura di rilievo fra gli studiosi di strumenti antichi, la direttrice Maria Luisa Righini Bonelli si prodigò per salvare il salvabile.

Le cronache ricordano che non esitò a inerpicarsi sui cornicioni di Palazzo Castellani per trasferire oggetti alla contigua Galleria degli Uffizi, allora collegata all’edificio del Museo da un passaggio soprelevato.

Consapevole che l’invisibilità porta all’oblio, seppe trasformare la grave calamità in occasione per richiamare l’attenzione della stampa sull’Istituto e Museo di Storia della Scienza.

Un aspetto curioso di questa “propaganda” è costituito da alcune fotografie della direttrice in posa con in braccio la lente e i telescopi di Galileo, che non erano a rischio alluvione.

Oltre a mobilitare una rete di contatti internazionali, agli inizi del 1967 Righini Bonelli fondò l’Accademia degli Infangati per riconoscere il ruolo dei cosiddetti “angeli del fango”.

Cecilia Chiavistelli
Dal numero 117 – Anno III del 22/6/2016