Al via il monitoraggio sullo stato di salute della Cappella Brancacci
Al via il monitoraggio della Cappella Brancacci, il piccolo gioiello contenuto nella Chiesa del Carmine che fa parte dei musei civici fiorentini e che contiene i preziosi affreschi di Masaccio, Masolino e Filippino Lippi.
I servizi tecnici e belle arti del Comune, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e il CNR-ISPC di Firenze, hanno messo a punto un piano di verifica e controllo sullo stato di conservazione dello spazio. Gli affreschi, restaurati alla fine degli anni ‘80 del Novecento grazie a un finanziamento della Olivetti, si trovano in buono stato di conservazione ma, come avverte l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi, “approfittiamo di questo periodo di chiusura forzata dei musei per continuare la manutenzione e per poter poi riaprire gli spazi con ancora maggiore bellezza”.
Il monitoraggio, che si svolgerà in due settimane fino alla fine di novembre, consentirà di valutare lo stato di salute degli affreschi nel corso del tempo e si inserisce nel vasto piano di manutenzione programmata approvato dal Comune di Firenze che dal 2018 garantisce il controllo periodico ravvicinato di tutto il patrimonio monumentale di proprietà dell’Ente.
La Cappella si trova all’interno della Chiesa di Santa Maria del Carmine, di proprietà del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, in concessione al Comune di Firenze in base al rogito “Guerri”.
La Cappella fu fondata dalla famiglia Brancacci nel tardo Trecento; si deve al ricco mercante Felice Brancacci la commissione nel 1423 degli affreschi con le storie di San Pietro. Vi lavorano insieme Masolino e Masaccio ma a causa della partenza del primo per l’Ungheria e del secondo per Roma, nel 1427 gli affreschi rimangono incompiuti. In seguito all’esilio del Brancacci (1436), caduto in disgrazia per le sue simpatie antimedicee, i frati del convento fanno cancellare i ritratti di tutti i personaggi legati alla sua famiglia e nel 1460 intitolano la cappella alla Madonna del Popolo, inserendovi la venerata tavola duecentesca. Soltanto negli anni 1481-1483 Filippino Lippi effettuerà il ripristino e il completamento delle scene mancanti. Scampata all’incendio che nel 1771 devasta l’interno della chiesa, la cappella è acquistata nel 1780 dai Riccardi, che rinnovano altare e pavimento. Gli affreschi, trascurati per tutto l’Ottocento, vengono sottoposti a spolveratura nel 1904; l’intervento di restauro effettuato negli anni ‘80 del Novecento ha finalmente permesso di recuperare le preziose superfici decorate.
Mattia Lattanzi
Dal numero 319 – Anno VII del 25/11/2020
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