Alla scoperta di una città fantasma, Vetulonia
Sono molti i casi di mitologiche città toscane, fondate in tempi antichissimi e mai ritrovate, sepolte dal tempo e dalla memoria.
Una di queste, una leggendaria città etrusca ritenuta mitologica fino al 1887, fu invece realmente scoperta da alcuni studiosi che riuscirono a trovare nei loro scavi le prime tracce certe dell’antico centro urbano di origine etrusca, Vetulonia.
L’esistenza di questo importantissimo insediamento etrusco si era basata su tracce raccolte nelle antiche opere di Dionigi di Alicarnasso dove Vetulonia viene ricordata come alleata dei Latini contro Roma, nel VII sec. a.C, insieme a Volterra, Roselle e Chiusi; poi, nell’opera di Silio Italico che fa risalire proprio agli abitanti di Vetulonia i simboli del potere romano, quali il fascio littorio, la sella curule (un sedile pieghevole a forma di X ornato d’avorio, simbolo del potere giudiziario, riservato inizialmente ai re di Roma e in seguito ai magistrati), la toga con la fascia purpurea e la bucina da guerra (un particolare corno), ed infine nell’opera mastodontica di Plinio.
Queste erano le fonti antiche che testimoniavano in modo chiaro l’esistenza di un importante centro urbano etrusco; ma dove era finito? Come è stato possibile averne perso ogni traccia “fisica”?
Neanche il Repetti, colui che aveva scritto il “Dizionario storico della Toscana” era stato capace di capire se quella città era realmente esistita oppure no. Infatti lo stesso riporta: “Il poggio Vitulonio fa dubitare essere appartenuto all’antichissima città etrusca di Vetulonia, sulla cui ubicazione gli archeologi moderni menano non piccolo rumore”.
Nell’Ottocento alcuni studiosi ripresero le ricerche per individuare finalmente le tracce dell’antico insediamento etrusco. Isidoro Falchi risultò il vincitore della sfida, anche se persino lui anni prima aveva preso un grosso abbaglio asserendo nel 1880: “Vuolsi che la gente etrusca stanziata nella Maremma costruisse nella Val di Corniala sua prima metropoli, Vetulonia, riconosciuta da quasi tutti gli scrittori per la città capo d’origine degli etruschi”.
Aveva commesso un errore incredibile, indicando il fiume Cornia che si trovava a quaranta chilometri più a nord da quella che risulterà invece l’esatta posizione dell’etrusca Vetulonia.
Isidoro Falchi di professione era un medico con una grande passione per l’archeologia. Trovare Vetulonia era diventata la sua nuova missione, e una mattina durante le ricerche intorno ai poggi della valle, all’improvviso gli furono svelate le tracce dell’antica città.
La scoperta, come ammette lo stesso medico, avvenne per pure casualità; infatti, parlando con alcuni contadini della zona, gli fu riferito da questi che ogni volta che aravano, il vomere sbatteva spesso con antiche statuette, cocci, vasellami, gioielli, urne cinerarie.
Da lì il Falchi cominciò i faticosi scavi alla ricerca delle fondamenta di Vetulonia, scoprendo cose meravigliose che permisero di ricostruire la storia di questo antico insediamento etrusco.
Il paese dove lavoravano i contadini era un minuscolo borgo medioevale di nome Colonna, che nel mille si trovava sotto il possesso dell’Abbazia di San Bartolomeo di Sestina.
Nel 1332 passò nelle mani della repubblica di Siena fino a metà del Cinquecento, inglobata poi nel Gran Ducato di Toscana.
Ma le sue origini, a fronte dei numerosi reperti storici rinvenuti, vengono spiegate molto bene dalle parole di Riccardo Gatteschi, in un articolo dedicato alla ”Città Ritrovata”: “Attualmente Vetulonia (comune di Castiglione della Pescaia) dista dal mare circa quindici chilometri in linea d’aria, ma in periodo etrusco poteva ritenersi a tutti gli effetti una città marinara (e infatti in una statuetta che si conserva nel Museo Vaticano la città è rappresentata da un uomo che appoggia sulle spalle un remo), perché è stato accertato che davanti alla collina su cui sorgeva la città si apriva un grande lago – il lago Prile – che comunicava con il mare attraverso un canale navigabile”.
Era una città portuale e, quindi, di commercianti e di viaggiatori. In altre parole Vetulonia ha giocato, nel panorama della civiltà etrusca, il ruolo di protagonista dall’VIII al V secolo a.C. grazie anche all’intenso sfruttamento minerario. Poi intervenne un periodo di decadenza, forse dovuto al prevalere, sia in terra che in mare, della non lontana Populonia. Nel III secolo si ha una ripresa, attestata fra l’altro dalla coniazione di una propria moneta in argento e in bronzo, con la dicitura Vatl. L’avvento di Roma e la vittoria di Silla sul rivale Mario coinciderà però con l’ineluttabile decadenza.
Da quel momento di Vetulonia si perdono tute le tracce. Mentre il lago si trasformava lentamente in un mefitico acquitrino (anche se ora è un fertile terreno agricolo) la soprastante città con le sue necropoli veniva sommersa e nascosta dalla fitta vegetazione tipica dei luoghi disabitati della costa mediterranea.
Erano passati più o meno duemila anni, ma finalmente il 22 Luglio del 1887 il Re d’Italia restituì con regio decreto l’antico nome di Vetulonia all’abitato.
Vetulonia viene ricordata per i suoi anni d’oro, che vanno dall’VIII al V secolo a.C, quando nella cittadina fiorì una sorprendente civiltà, dove la lavorazione dei gioielli e l’odontoiatria, con ritrovamenti di capsule e protesi dentarie, denotano l’alto sviluppo conseguito nel tempo da questa popolazione etrusca.
È un magnifico territorio da visitare con rare gemme di bellezza, come la necropoli e le tombe lungo la via dei Sepolcri, i ruderi ancora visibili delle antiche mura etrusche, un museo ricchissimo di reperti etruschi, villanoviani e romani che si trova nella Piazza Vetlunia dedicata a Isidoro Falchi.
Mattia Lattanzi
Dal numero 34 – Anno I del 8/10/2014
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