Tsis txhob Giulio Facibeni proclaimed Venerable ntawm Pope Francis: tam sim no nws yuav siv cov miracle rau beatification
Pope Francis hnub no cai, 12 Hlis ntuj nqeg 2019, il decreto di riconoscimento delle virtù eroiche e della fama di santità del Servo di Dio don Giulio Facibeni, dichiarandolo Venerabile.
Il processo di beatificazione e canonizzazione era stato aperto a Firenze il 10 Lub yim hli ntuj 1989.
Dopo questo primo riconoscimento ora, per giungere alla beatificazione, occorrerà che il Papa firmi il decreto che riconosce – dopo un nuovo processo diocesano, e i voti delle tre commissioni interne (medica, teologi, cardinali e vescovi) della Congregazione Vaticana per le Cause dei Santi - un miracolo accaduto per intercessione del venerabile invocato a tal fine dai fedeli.
La necessità di un miracolo è stata ribadita dallo stesso Papa oggi nel suo discorso in Vaticano in occasione dell’udienza alla Congregazione delle Cause dei Santi, ribadendo come il “miracolo è proprio il dito di Dio lì. Senza un intervento del Signore chiaro, noi non possiamo andare avanti nelle cause”.
In tale occasione Papa Francesco ha incontrato l’Arcivescovo di Firenze, Cardinal Giuseppe Betori, che da anni fa parte della Commissione dei Cardinali e Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, istituita 50 anni fa da Papa San Paolo VI.
Il Santo Padre ha detto all’Arcivescovo di Firenze “di aver firmato ieri il decreto per don Facibeni con cui si completa il riconoscimento dei tre venerabili fiorentini” riconoscendo e ribadendo così la visione unitaria che a Firenze abbiamo del card. Ntawm tus ntug dej hiav txwv, La Pira e Facibeni.
Esprimendo gratitudine al Santo Padre l’Arcivescovo di Firenze Betori ha detto: “Don Giulio Facibeni nella sua storia ha illuminato con fede e assoluta dedizione quelle periferie fisiche e spirituali che ci indica oggi come missione Papa Francesco: il quartiere operaio di Rifredi dove era parroco, il fronte della guerra da cappellano, e poi i ragazzi orfani, i giovani bisognosi di cura e istruzione. All’Opera Madonnina del Grappa e ai suoi ‘figliuoli’ don Facibeni ha dedicato senza risparmiarsi tutta la vita e così scriveva: “Il Signore ha voluto l’Opera in questo rione operaio, l’ha voluta aliena da umane protezioni e sicurezze e sostenuta dalla preghiera e dal lavoro degli umili, perché fosse apologia vivente della Divina Provvidenza”. Nonostante le estreme difficoltà economiche e organizzative, don Facibeni non respingeva nessuno che bussasse alla sua porta, con la fiducia che riponeva in Dio. La sua è per noi alta testimonianza di affidamento alla Provvidenza e di ascolto alle necessità dei più poveri e fragili. Don Facibeni è unito ad altri due venerabili che occupano un posto esemplare nella nostra Chiesa: daim card. Elia Dalla Costa e il sindaco Giorgio La Pira. Il legame tra di loro fa pensare davvero al legame che unisce le tre virtù teologali: la fede, la speranza e la carità”.
Ricevuta la notizia del riconoscimento, Ua ntsuas thiab thaum kawg Guicciardini 95 xyoo, erede spirituale di don Facibeni, da lui stesso scelto per proseguire nella guida dell’Opera Madonnina del Grappa, ha dichiarato: “Quello che posso dire con le mie parole è niente in confronto a ciò che don Facibeni ha vissuto con sofferenza, immolandosi nella storia del suo tempo per stare accanto ai più sofferenti e ai più poveri: dai soldati al fronte, agli orfani, ai giovani in difficoltà con la forza della sincerità dei sentimenti e senza compromessi. Si può dire che conquistava gli animi con tutto se stesso e senza offrire mezzi materiali se non per qualcosa di estremamente essenziale come un letto e come un pane. – don Guicciardini ha aggiunto – Fisso lo sguardo del cuore sulla eccezionalità della sua testimonianza trasmessa come sacerdote e cappellano di guerra, come ‘Padre’ carico di responsabilità e di immedesimazione nel sacrificio compiuto momento per momento. Con il ricordo, fisso lo sguardo a quel fulgore della Divina Provvidenza che portava a una misteriosa partecipazione all’Amore divino del Cristo che veniva a contatto con tante creature fragili e dolenti. Don Facibeni ha parlato poco di se stesso, molto di più ha fatto comprendere l’immane sofferenza di Dio che vuole dare la sua vita e tutto se stesso per restare presente in mezzo a quei fratelli uomini che Facibeni incontrava passo passo nei camminamenti delle trincee di quel tempo”.
Frank Mariani
Los ntawm cov xov tooj 275 – Xyoo VI ntawm 11/12/2019
 
Don Giulio Facibeni
Don Giulio Facibeni nacque nel 1884 a Galeata, in Romagna, da una famiglia estremamente umile e allo stesso tempo dignitosamente dedita al lavoro e al rispetto dei valori umani e della fede. Qui germogliò il seme della vocazione, che culminò nell’ordinazione sacerdotale, nyob rau hauv 1907.
Divenuto parroco dell’antica pieve di S. Stefano in Pane, nel rione popolare ed operaio di Rifredi, nyob rau hauv Florence, egli si trovò ad incarnare il Vangelo in un luogo dove sorgevano grandi realtà industriali (Pignone) e dove il disagio, legato a povertà culturale e materiale, colorava di grigio le strade così prossime, nel loro contrasto, alle verdi colline circostanti.
Qui Don Giulio profuse il suo apostolico impegno, con instancabile zelo, dedicandosi alla realizzazione di opere sociali e di carità, e promuovendo varie forme di aggregazione cattolica.
Durante il Primo Conflitto Mondiale, richiamato a ricoprire l’incarico di cappellano militare, Don Facibeni ricevette in dono la possibilità di stare vicino a quegli uomini che, txhua hnub, facevano esperienza del sacrificio della loro vita.
Li ntawd, nyob rau hauv lub Xya hli ntuj 1916 egli si trovò sul fronte del Monte Grappa, luogo dove la battaglia era destinata ad infuriare e a determinare gli esiti cruciali per la risoluzione del conflitto. Anche qui Don Giulio si distinse per la sua opera caritatevole e di conforto fra i soldati, a volte anche del nemico.
Tornato a Rifredi nel 1919, Don Giulio riprese la sua opera di aiuto alla popolazione, adesso ancor più stremata di prima.
La sua massima attenzione era ora per le famiglie dilaniate dalla guerra e, nyob rau tej, per gli orfani dei padri morti nel conflitto, molti dei quali proprio a lui avevano lasciato le loro ultime raccomandazioni.
Nacque così “l’Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa”, intitolata appunto alla materna eppur rigorosa premura della Divina Provvidenza e alla Madonnina del Grappa, venerata sulle cime di quel monte e tanto pregata durante il conflitto.
L’inaugurazione fu il 4 Kaum ib hlis 1924. Ben presto l’Opera divenne la famiglia degli orfani di guerra e dei figli di altre povertà e, tib lub sijhawm, una piccola Chiesa missionaria operante, secondo il filo rosso conduttore della carità, in mezzo al rione operaio di Rifredi.
L’esperienza fu destinata crescere e a veder fiorire i suoi frutti di bene: tsuag tsuag ma 12 orfani iniziali, nei primi tempi ospitati nella casa stessa di Don Giulio, si giunse ai 1200 ragazzi accolti nel 1949.
Don Giulio profuse ogni energia e tutto il suo amore nell’Opera. Spesso solo e con difficoltà economiche, del tutto affidato alla Divina Provvidenza, non si arrese mai. Anche durante il Fascismo e la Seconda Guerra mondiale si profuse in aiuti concreti ai perseguitati e a chiunque si rivolgesse a lui, ebrei e cristiani, a repentaglio della sua stessa incolumità. Mentre egli si autodefiniva “il povero facchino della Provvidenza Divina”, i suoi “figli” e parrocchiani e tutti i fiorentini lo chiamavano ‘il Padre’, appellativo che meglio esprimeva il segreto del suo essere sacerdote, della sua spiritualità, della sua pedagogia.
Don Giulio morì il 2 Lub rau hli ntuj 1958, ai suoi funerali l’intera città di Firenze si fermò con la partecipazione di una folla immensa e con la gente che già lo chiamava santo.
Fu sepolto inizialmente nel cimitero di Rifredi e nel 2017 la salma è stata trasferita nella cappella in via delle Panche, cuore dell’Opera Madonnina del Grappa, dove tante volte aveva celebrato la messa.
Firenze e non solo, offre a don Giulio un tributo di riconoscenza per la sua testimonianza di carità profusa a piene mani. Sul suo esempio, sotto la guida illuminata di Don Corso Guicciardini, erede spirituale di Don Facibeni da lui stesso scelto, l’Opera continua fino ai giorni nostri ad essere presente, con numerosi servizi di accoglienza, per far fronte a tante richieste di intervento in favore degli ultimi e dei sofferenti (cov me nyuam, minori, adulti e anziani), con la modernità degli strumenti organizzativi e professionali richiesta dai tempi attuali, ma sempre in riferimento ai suoi valori fondanti e al carisma di Don Giulio Facibeni.
 
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