Il Barone di Munchhausen che sfamò Firenze assediata nell’agosto 1944
Lunedì si è celebrata la giornata mondiale della Memoria, in ricordo dell’Olocausto del popolo ebraico nei campi di sterminio da parte di Nazisti.
Una giornata per non dimenticare.
E’ importante non dimenticare il sacrificio di bambini, uomini e donne, come è importante non dimenticare le loro storie, come anche le tante storie di persone che, durante il secondo conflitto mondiale, uno dei più terribili del genere umano, hanno cercato di salvare vite umane anche se erano dalla “parte opposta”.
Quella che vi raccontiamo oggi è una storia, vera, legata a quel periodo, di cui pochi fiorentini ne sono a conoscenza, e che vede come protagonista la città di Firenze e il Barone Caius Von Műnchhausen, nato nel 1913, nipote di quell’ufficiale russo, di origine tedesca, famoso protagonista de “le avventure del barone di Műnchhausen”.
Fiorentino d’adozione, sua madre gestiva nella zona di via Bolognese una piccola pensione, con panorama su Fiesole. Caius, sfamò Firenze durante la guerra e l’assedio che portò alla liberazione del capoluogo toscano nel lontano agosto del 1944.
Ufficiale di Fanteria, a 31 anni, tornò a Firenze nel luglio del ’44, dove il destino per lui aveva preparato, dal 10 al 18 agosto, il comando di difesa della seconda linea di fuoco: Cascine, Mugnone, Ferrovia Firenze-Roma.
L’ultima notte prima della ritirata delle truppe tedesche, giunsero da Verona 10 autotreni carichi di vivere per la popolazione, e latte in polvere per neonati.
Con l’aiuto di alcuni Vigili del Fuoco, 5 camion furono scaricati immediatamente in piazza del Duomo, nel garage della Misericordia, mentre gli altri 5 finirono in via Cavour, nel garage di Palazzo Medici Riccardi, oggi sede della Prefettura e della Provincia.
Come ricorda lo stesso Műnchhausen “Quella notte ci schierammo sul Mugnone e la mattina dopo telefonai al Comando di Corpo d’Armata. Dissi loro che alle nostre spalle, anche in conseguenza dello sfollamento delle campagne, avevamo almeno una popolazione di 100mila persone. Come sfamarle? il comando mi rispose seccamente: ‘Noi abbiamo mandato dieci autocarri di viveri a Firenze proprio ieri’. A mia volta, replicai: ‘Va bene, ma secondo i vostri ordini sono stati scaricati in piazza del Duomo e in via Cavour e quindi, attualmente, sono dalla parte opposta, quella in mano all’avversario. Con questi 100mila alle nostre spalle che facciamo?’.
Ecco allora che al giovane ufficiale venne un lampo di genio, come quegli che spesso aveva il suo famoso antenato: “Feci presente che una popolazione di 100mila abitanti, senza viveri e con poca acqua, ad un certo momento si ribella. Questo poteva avvenire dietro una linea difensiva molto debole, la nostra, e avrebbe potuto crearci grossi pasticci”.
Questo convinse i superiori e il fronte si spostò, e Firenze fu sfamata.
Anche quando poi Műnchhausen si trovò con le truppe sull’Appennino, cercò sempre di avere un riguardo per gli italiani.
Durante dei lavori di fortificazione uno di questi, un giovane fiorentino, morì.
Caius dette ordine di seppellirlo a Bologna con tutti gli onori militari.
Tra i rastrellati c’era anche il padre del morto.
Dopo 7 anni dalla fine della guerra il padre andò alla ricerca del Capitano Műnchhausen per dimostrargli la sua gratitudine.
“Molti italiani si erano attaccati a me”, confidò nelle sue memorie.
Műnchhausen fu fatto prigioniero dagli americani a Finale Emilia nella primavera del 1945, e rinchiuso in un campo di concentramento a Scandicci.
Finita la guerra tornò a Firenze solo nel 1957, trovando lavoro in una galleria d’arte sul Lungarno Acciaiuoli, fino a quando non rientrò in possesso della vecchia casa di famiglia, che riaprì anche come pensione.
Qui più tardi si sposò con una giovane ospite, dalla quale ebbe un figlio, oggi spostato e con due figli maschi, che periodicamente soggiorna ancora a Firenze.
Caius Műnchhausen è morto a Firenze nel 1985 e da allora riposa nel cimitero di Via degli Allori assieme alla madre.
Franco Mariani
Dal numero 3 – Anno I del 29/01/2014
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