Il Castello di Vincigliata a Fiesole
Oggi vi mostriamo, e parliamo, di uno dei luoghi più belli e suggestivi alle porte di Firenze, il Castello di Vincigliata.
I primi cenni del castello di vincigliata si hanno nel 1031; al tempo la proprietà era dei Vinsdomini, importante famiglia della Firenze medievale che aveva particolari privilegi sull’episcopato fiorentino. La proprietà passò poi agli Usimbardi, seguiti dai Ceffini di Figline, dai Bonaccorsi e dagli Albizzi. Un ramo di quest’ultima famiglia, per ragioni di opportunità politica cambiò il nome in Alessandri e proprio a questa fetta familiare toccò Vincigliata assieme ai poderi circostanti, che allora andavano sotto il nome della “Torre”. La famiglia fu proprietaria della zona per molti secoli, senza però dargli molta importanza, così che il castello si ridusse col tempo a un ammasso di rovine.
Per ben ottocento anni il castello è stato venduto, perso al gioco tra le famiglie piu’ importanti e famose in Firenze, fino ad essere quasi distrutto.
Nel 1840 le sue rovine catturarono l’attenzione di un giovane Lord inglese, John Temple Leader, che passeggiando tra le colline fiesolane, si imbattè in questo pittoresco rudere e affascinato da tale meraviglia, decise di comprarlo.
Sir John si affidò al fancelli, giovane architetto figlio del suo fattore, e alla collaborazione dei più famosi artigiani, scultori, scalpellini, vetrai, pittori fiorentini, che contribuirono alla ricostruzione del castello in ogni suo particolare seguendo rigorosamente lo stile medievale. Rinasce cosi’ vincigliata.
Tra quelle mura creò così il suo prezioso museo personale esibendo ai suoi illustri ospiti, armature, affreschi e bassorilievi estrapolati dalle antiche botteghe e chiese fiorentine.
Nell’arco di dieci anni (dal 1855 al 1865), non si limitò al solo restauro dell’edificio ma comprese anche i terreni circostanti, rimboschendo le pendici della collina con un ricco sottobosco e con piante che si potessero adattare al terreno roccioso.
Fu introdotto un tipo di piantagione del cipresso a macchia, intervallato a pini e lecci, e integrato dalla preesistente vegetazione di fustaie, dando luogo ad un insolito bosco di conifere e latifoglie.
Leader fu affiancato in questa operazione di “architettura ambientale” dall’architetto Giuseppe Fancelli, attivo anche alla vicina villa di Maiano, e dall’esperto di idraulica Alessandro Papini.
Nella seconda metà dell’800 Temple Leader acquistò l’antica cava delle Colonne, così chiamata perché le sue pietre erano servite alla costruzione delle colonne della Cappella dei Principi in San Lorenzo. Così facendo salvò in un’unica proprietà le cave abbandonate, salvandole, col senno di poi, dalla speculazione.
Il gentiluomo ricreò attorno a sé il fascino del signore medievale e del colto mecenate rinascimentale, arrivando ad esempio a far coniare una propria medaglia con l’iscrizione “Johannes Temple Leader Vincigliatae Dominus”. Fece inoltre della sua villa il luogo di accoglienza delle teste coronate dell’epoca. Un articolo su un numero del The Illustrated London News in prima pagina riporta infatti la visita della Regina Vittoria d’Inghilterra al castello di Vincigliata, come ricorda anche la lapide posta sul Kaffeehause, diffondendo in tutto il mondo la fama del luogo. Numerose altre lapidi, vero e proprio almanacco in pietra, ricordano altrettanti ospiti illustri.
Temple Leader morì a Firenze nel 1903 lasciando tutte le sue proprietà, tra cui anche il castello di Vincigliata a lord Westbury.
La figura di Temple Leader ispirò anche un film muto, “Il sire di Vincigliata”, del 1913.
Durante la seconda guerra mondiale il castello venne utilizzato come campo di prigionieri di guerra.
Il generale sir Adrian Carton de Wiart diede un lungo racconto conto delle sue esperienze a Vincigliata nelle sue memorie.
Il complesso si estende entro un perimetro trapezoidale di quasi 400 metri, circondato da una muraglia di recinzione e comprende un mastio, una torre di guardia, un cortile, una loggia e un chiostro, il tutto unificato dai caratteri dell’architettura militare medievale.
Il bacino naturale della Cava delle Colonne, trasformato in un laghetto-piscina attraverso l’immissione delle acque del torrente Mensola, è l’emergenza più significativa nel vasto parco romantico. Le sponde del lago sono costituite da un lato, da rocce di macigno che sporgono formando suggestive grotte, dall’altro sono delimitate da argini in muratura. Tutto intorno la vegetazione si sporge verso la superficie del laghetto, nel quale piante acquatiche, come ninfee, iris, papiri, gigli acquatici e canne, danno colore alla piscina.
Tutti i manufatti del parco sono realizzati prima del 1883, ad eccezione della torre in stile gotico (1885-1886), che diventò il fulcro di questa suggestiva ed insolita “stanza da bagno”.
La torre, coronata da un ballatoio sporgente con merlatura guelfa, è molto simile a quelle di guardia della cinta muraria del castello. Lo spogliatoio delle signore, realizzato in legno, su palafitte, sullo stile dello chalet svizzero, è l’unico edificio che non si è conservato. Un ponte, detto di Maria Luisa, unisce le due sponde del torrente, al di là del quale sorge la Kaffeehaus dall’elegante loggiato. Questo edificio era originariamente utilizzato come deposito attrezzi per gli scalpellini delle cave adiacenti.
Intorno al laghetto delle Colonne, il giardino si articola in sentieri tortuosi che attraversano il fitto bosco incontrando, ponticelli, muretti, statue di mostri mitologici e una grotta ninfeo, tipici elementi del giardino romantico.
Come tutti i castelli anche quello di Vincigliata ha la sua leggenda/fantasma che riguarda una donna, Bianca.
Bianca era una fanciulla ammirata e corteggiata da molti uomini per la sua avvenenza, ma il suo cuore apparteneva ad un solo uomo, il figlio del peggior nemico della sua famiglia, ma il loro amore sembrò trionfare persino sulla ingiusta faida.
Il giorno delle nozze, bianca sali’ sulla torre in attesa dell’arrivo del suo amato, ma ciò che vide segnò purtroppo il suo destino: il suo amore, cavalcando verso la sua futura sposa, venne assalito dai suoi stessi fratelli che lo uccisero davanti agli occhi increduli di bianca.
Riprese video e foto di Franco Mariani.
Franco Mariani
Dal numero 232– Anno VI del 9/1/2019
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