Intervista a Giuseppe Pambieri
Giuseppe Pambieri, 70 anni, è un attore cinematografico, teatrale e regista teatrale.
Ottenne grande successo e popolarità con il personaggio di Remo nello sceneggiato televisivo “Le Sorelle Materassi”, tratto dal romanzo fiorentino di Aldo Palazzeschi, girato in esterni a Firenze, per la regia di Mario Ferrero, con protagoniste due mostri sacri del teatro, Sarah Ferrati e Rina Morelli, oltre che all’indimenticabile coprotagonista Ave Ninchi nel ruolo della serva.
Mercoledì 15 gennaio alle ore 17,30 Pambieri incontrerà il pubblico fiorentino al Teatro La Pergola in occasione dello spettacolo “La coscienza di Zeno”, diretta da Maurizio Scaparro, in scena fino al 19 gennaio e che riprende la tournée 2014 dal Teatro della Pergola.
Pambieri, come attore, nonostante gli anni passati, è cambiato?
“Quasi niente. Io, umanamente son rimasto uguale a quando avevo vent’anni. Caratterialmente sono rimasto con gli stessi impulsi. Certo, l’esperienza pian piano si è accumulata, e l’esperienza ovviamente aiuta moltissimo. Anche i sentimenti della vita, nel senso che vivendo, si scoprono delle cose che a vent’anni non si sapeva, tristi, brutte, belle, le emozioni. Ci sono tante sensazioni nuove che aiutano moltissimo, la professione. Però, in linea di massima, come uomo sono rimasto molto simile a me stesso”.
E come genitore?
“Ci sono tanti alti e bassi, all’inizio abbiamo fatto degli sforzi grossi per portare mia figlia con noi. Non sempre è successo che potesse frequentarci in continuazione, per cui è mancato un po’ il rapporto. Adesso invece è ottimale. Si è sistemato tutto”.
Come e quando scaturì in lei la “sacra” scintilla del teatro?
“La scintilla ce l’avevo dentro. Avevo questa voglia, vedevo la televisione, vedevo gli attori in televisione, volevo essere la dentro. Poi mi piaceva travestirmi: una volta mi sono camuffato da barbone, e ho suonato per la strada chiedendo l’elemosina, e me l’hanno data. Queste cose erano un segnale. Mi sono iscritto alla scuola del Piccolo, ho fatto gli esami, sono entrato e ho cominciato. Ma la scintilla di sicuro dentro l’avevo. Anche se ero di famiglia borghese, che non c’entrava niente con il teatro e con il mondo dell’arte”.
Ma quando viene in Toscana, qualcuno la chiama ancora Remo?
“Sono passati davvero tanti anni, ma la gente sì, se lo ricorda sempre. Correva l’anno 1972. Addirittura per un po’ di tempo pensavano che fossi fiorentino. Ho recitato una volta a Figline, con il gruppo de ‘L’Arca azzurra’, ho recitato in toscano un testo di Reggi, facevo una specie di Remo che vent’anni dopo tornava in provincia, e contattava in questa specie di balera, le sue fiamme, i suoi vecchi amici, tutti fregati da lui in qualche modo; lui torna con questa ragazza che in realtà si scopre che è sua figlia, e che la vuole stuprare. Una cosa tremenda. L’ho fatto tutto in toscano”.
Che ricordo ha dello sceneggiato “Le sorelle Materassi”?
“Beh, ero molto intimidito da questi mostri sacri. Allora c’era Mario Ferrero, il regista, che mi tranquillizzava. E’ lui che mi aveva scelto, e devo dire che c’è stata anche molta stima da parte delle due prime donne. La Ferrati veniva dall’Accademia, grande costruzione del personaggio, oltre a doti naturali, mentre la Morelli era tutto istinto: nelle prove non dava molto, ma quando c’era il ciak era perfetta: se doveva piangere, veniva giù un torrente, improvvisamente”.
E Ave Ninchi?
“Anche lei una persona speciale, una specie di mamma, coccolona. Sono morti tutti purtroppo”.
Le manca quel modo di fare teatro-televisione?
“Sì, era diverso, si faceva tutto in venti giorni, dieci giorni di prove e dieci giorni di registrazione, e bisognava studiare in brevissimo tempo un sacco di battute”.
Oggi lei fa principalmente teatro, è cambiato il teatro italiano?
“Ho fatto anche dieci anni di televisione con ‘Incantesimo’. Non disdegno la televisione. Il teatro oggi è più difficile farlo, i tagli, la situazione, è aumentato il numero delle compagnie, è più faticoso: una volta si facevano sei mesi, adesso se ne fanno tre. C’è molta concorrenza e nello stesso tempo ci sono meno soldi”.
Cosa si augura per il futuro?
“Mi auguro di andare avanti così, serenamente, come sto facendo. Ho ancora qualche grosso classico che mi manca in repertorio. Facendo anche della televisione, e se viene anche il cinema meglio. Sono abbastanza soddisfatto comunque”.
Franco Mariani
Dal numero 1 – Anno I del 15/01/2014
Giuseppe Pambieri è attore e regista tra i più poliedrici della scena italiana, nel 2010 “Pegaso d’oro – Premio internazionale Flaiano” per la lunga e fortunata carriera teatrale percorsa insieme a quella televisiva e cinematografica.
Negli anni ‘70 e ‘80 interpreta ruoli in opere di autori fondamentali (Shakespeare, Pirandello, Goldoni), in molti casi accanto alla moglie Lia Tanzi.
“Ditta”, così si diceva una volta in teatro, quando attori prestigiosi si univano formando compagnie rimaste nella storia del palcoscenico.
Oggi questi sodalizi, intellettuali e pratici, sono rari e in genere di breve durata. Non così per la “Premiata ditta Pambieri-Tanzi” che, costituita da qualche decennio, mostra un bilancio in costante attivo e “Premiata” lo è davvero, anche grazie all’apporto, dagli anni ‘90, della figlia Micol Pambieri.
Una lunga carriera, caratterizzata da scelte artistiche che spaziano dalla tragedia alla commedia, dal teatro classico a quello moderno.
Tra le interpretazioni più significative di Pambieri, dopo l’esordio nel 1965 ne Il gioco dei potenti di Shakespeare, regia di Giorgio Strehler: Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni, regia di Strehler (1966/67); Re Lear di Shakespeare, regia di Strehler (1972/73 e 1977); La città morta di D’Annunzio, regia di Franco Zeffirelli (1976); Il bell’Apollo di Marco Praga, regia di Lamberto Puggelli (1983); Il guardiano di Pinter, regia di Guido De Monticelli (1988/89); Rumors di Neil Simon, regia di Gianfranco De Bosio (1990/91); Pallottole su Broadway di Woody Allen, regia di E. Maria La Manna (1988/89); Il fu Mattia Pascal di Pirandello, regia di Piero Maccarinelli (2001/2002); Vite private di Noel Coward, regia di Giuseppe Emiliani (2002/2003); Il piacere dell’onestà di Pirandello, regia di Puggelli (2004/2005); Todo modo di Leonardo Sciascia, regia di Fabrizio Catalano Sciascia e Maurizio Marchetti (2008/2009); Cena a sorpresa di Neil Simon, regia di Giovanni Lombardo Radice (2010); Il sogno dei Mille da A. Dumas, regia di Maurizio Scaparro (2011).
Numerose le sue partecipazioni a sceneggiati e originali televisivi, per nove stagioni è Diego Olivares nella fiction Rai Incantesimo nel 2008 “Premio Saint-Vincent” come miglior attore.
Numerose le pellicole cinematografiche come La polizia è al servizio del cittadino?, regia di Romolo Guerrieri; Ligabue, regia Salvatore Nocita; Il deserto dei Tartari, regia di Valerio Zurlini; Squadra antifurto e Il Conte Tacchia, regia di Bruno Corbucci.
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