Intervista ad Antonio Paolucci direttore dei Musei Vaticani
Antonio Paolucci, attuale Direttore dei Musei Vaticani, Ministro tecnico ai Beni Culturali nel governo Dini, è stato nominato nel 2007 da Papa Benedetto XVI, ma già Papa Giovanni Paolo II lo voleva nel 1996.
Prof. Paolucci, alla fine il Vaticano è riuscito ad accaparrarsi i suoi servigi?
“Già nel 1996, appena finita la mia esperienza di ministro, ero stato contattato dal Vaticano per saggiare la mia eventuale disponibilità. Io sono stato a lungo in forse, poi ho deciso di tornare a Firenze, nella mia poltrona in via della Ninna, perché volevo concludere delle cose alle quali tenevo, quali i servizi aggiuntivi nei musei (1998) o i grandi Uffizi. Si sono rifatti poi vivi nel 2007”.
Come mai ha scelto la Toscana al Vaticano?
“Sono arrivato in Toscana nel 1957, a 18 anni, appena diplomatomi al liceo. Qui mi sono laureato con Roberto Longhi a luglio 1964. Poi, dopo il militare, il primo incarico: l’insegnamento in una scuola media per tre anni a Signa. E’ stata l’esperienza più importante, perché lì ho imparato cosa vuol dire parlare al pubblico, persuadere chi ti ascolta, convincerli, e persino, se ti riesce, entusiasmarli. Questa è stata la mia vera università, e l’ho capito insegnando a dei ragazzini di campagna di 12-13 anni. Poi ho vinto il concorso per Ispettori nelle Soprintendenze. Mi hanno mandato a Firenze, in via della Ninna, e lì ci sono rimasto per dieci anni. Poi ho iniziato la mia carriera di Soprintendente in varie città: Venezia, Verona, Mantova, ritornando infine a Firenze, prima all’Opificio delle Pietre dure, e poi di nuovo in via della Ninna, fino alla pensione, nel 2006, con in mezzo, nel 1995/96 l’esperienza di Ministro; senza dimenticare i diversi mandati di consigliere dell’Opera del Duomo di Firenze”.
Allora è un toscanaccio?
“No, io sono un romagnolo di nascita, ma toscano di cultura e di famiglia. Devo tutto a Firenze, che mi ha accolto da straniero e che mi ha permesso di fare la carriera che ho fatto. Mi considero soprattutto italiano e romano, non solo perché adesso lavoro a Roma ma perché siamo tutti romani”.
Eppure qualche peccatuccio politico, nonostante sia stato Ministro tecnico nel Governo Dini, l’ha avuto?
“Sono stato consigliere comunale, al tempo della Giunta Morales, nel 1990, per l’allora Democrazia Cristiana. E’ stata un esperienza importante perché i concorsi una li fa, li vince, e tutto bene, ma il concorso importantissimo nella vita di un uomo è quando tu ti presenti nella tua città e trovi, come nel mio caso, 1.200 persone che hanno messo la croce sul nome Paolucci…”.
Come si svolge la sua giornata in Vaticano?
“Mi alzo sempre molto presto, e, come quando ero anche a Firenze, sono in ufficio molto presto. Alle 6,30 sono già alla mia scrivania. Sono le ore felici della giornata, perché non squilla il telefono, non rompe le scatole nessuno, e quindi posso scrivere lettere importanti, e prendere decisioni importanti. Poi dopo è tutto un via vai di gente, fino a quando non esco, perché il direttore generale dei musei vaticani ha la responsabilità non solo sui musei, ma su tutto il patrimonio artistico e monumentale della Santa Sede, quindi su tutte le basiliche romane e le zone numerose zone extraterritoriali”.
Che cosa vuol dire essere direttore dei musei vaticani?
“I musei vaticani hanno 5 milioni di visitatori all’anno, lo stesso numero della somma totale dei visitatori annuali di tutti i musei fiorentini, solo che i musei vaticani sono tecnicamente all’estero. Ci sono altre leggi, non ci sono i sindacati, e questo è un grande sollievo per un Soprintendente, non c’è il TAR, che tanti fastidi e problemi, anche giusti, crea a chi amministra la cosa pubblica. I rapporti sono più familiari, più informali, però è anche vero che qui il potere politico è più diretto. Quando ho un problema non è che alzo il telefono e parlo direttamente con il Papa; no, parlo con il cardinale Governatore dello Stato della Città del Vaticano”.
Che cosa ha fatto in questi primi quattro anni ?
“Mi sono occupato moltissimo della didattica, che ho cercato di potenziare al massimo, del restauro, dei problemi legati alla Cappella Sistina, ho ristrutturato certi settori, certi servizi. Ho cercato di far uscire i musei vaticani dalla loro tradizionale referenzialità. Ho voluto moltiplicare i contatti con i vari musei, sia in Italia che all’estero, rendendo più trasparenti le mura leonine. Il Vaticano è l’unico stato al mondo la cui superficie è interamente ricoperta da quelle cose che noi chiamiamo beni culturali e ambientali. Metà del territorio vaticano è coperto dai giardini, beni di tipo naturalistico, poi ci sono i beni monumentali, e poi quelli artistici e archeologici, per non parlare della Biblioteca apostolica, l’Archivio Segreto vaticano”.
E la Cappella Sistina?
“La cappella Sistina è un posto che ogni giorno che Dio manda in terra ci sono dalle 15 alle 20 mila persone, con picchi anche di 23 mila persone. Questo significa che in un ambiente chiuso questo flusso di persone porta una scompenso, a causa delle polveri, dell’anidride carbonica, del sudore. Io mi sto occupando di ripristinare un sistema di decongestionamento che possa permettere alla cappella Sistina di mantenersi nel tempo. C’è un impianto di depurazione delle polveri, installato nel 1994, ma ormai è insufficiente. Sembra facile a dirsi, ma è difficile da realizzarsi, perché si lavora in ambienti inamovibili e quindi non è facile piazzare nuovi impianti. Ne va della salute del ciclo più affrescato del mondo”.
Sogno nel cassetto?
“Non ne ho, anche perché in tutta la mia carriera, in tutti i mestieri che ho fatto, in tutti i posti dove sono stato, mi sono sempre divertito, e questo, per un uomo, è una grande fortuna”.
Franco Mariani
Dal numero 2 – Anno I del 22/01/2014
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