Intervista al Direttore della Caritas Alessandro Martini
Alessandro Martini, sposato, tre figlie, insegnante di religione da 34 anni, un impegno trentennale in Azione Cattolica, direttore della Caritas fiorentina dal 2007, è il primo laico, chiamato a questo importante incarico, fino alla decisione presa dal Cardinale Antonelli, sempre affidato ad un sacerdote.
Lo scorso Novembre, per 5 anni, è stato nominato dai Vescovi Toscani Coordinatore Regionale di tutte le Caritas della Toscana.
“La Caritas anche a Firenze, come del resto in Italia, è nata soprattutto per alimentare e per supportare, quindi come strumento, la carità delle diocesi e delle parrocchie, immersa nel territorio in cui si trova. Quindi strumento di animazione della carità. Noi siamo testimoni della carità attraverso le nostre opere e i nostri segni sul territorio. E’ una esperienza solida, che si è consolidata nel tempo, modellandosi, in questi quattro decenni, a seconda delle situazioni di bisogno e delle realtà che si è trovata di fronte, e che abbiamo sempre affrontato. A partire, negli anni 70, dalle grandi calamità italiane, quali i terremoti del Friuli, dell’Irpinia, alle situazioni internazioni quali quelle nei Balcani e nel Kosovo. Negli ultimi vent’anni poi sono nate le grandi opere segno, quali le mense per i poveri, le case d’accoglienza, e nei settori più di frontiera”.
Lei è il direttore, ma il presidente è l’Arcivescovo?
“Questo è importante dirlo, perché è la conferma che lo Caritas è lo strumento della diocesi, che è guidata dall’Arcivescovo, e segue le sue direttive, che s’inseriscono nella pastorale generale da lui portata avanti. Per questo motivo la Caritas principalmente deve porsi come strumento d’animazione della pastorale della carità in diocesi, piuttosto che nella sua azione diretta nel compimento di opere e di servizi. Anche se attualmente siamo impegnati in opere di carità anche molto ben evidenti, grazie anche all’impegno di molti volontari. Paradossalmente a noi non interessa tanto fare tante cose o fare tante azioni di filantropia o di solidarietà. A noi, e principalmente al vescovo, interessa che la comunità cristiana tutta, sia un segno, e sia un grado di testimoniare questa dimensione caritativa della vita che ogni cristiano deve testimoniare. Non soltanto alcuni ad essere buoni operatori o buoni volontari”.
Impegnati non da soli, ma insieme alle Istituzioni?
“E’ importante. Sulla carta noi potremmo fare anche a meno di queste opere, perché potrebbero esserci anche altri soggetti a farlo. E’ una scelta che noi abbiamo fatto, ritenendo che sia utile a migliorare le azioni a vantaggio delle persone che ne hanno bisogno. Però paradossalmente questa non è l’azione principale della Caritas per i motivi che ho detto prima”.
Come mai un laico direttore, dopo 35 anni di sacerdoti?
“Credo sia stata una cosa molto tranquilla, semplice e normale. Credo si sia ritenuto opportuno favorire una testimonianza di Chiesa che è fatta non solo di sacerdoti ma anche di laici. Non gli darei comunque una rilevanza particolare se non nell’ottica che nella Chiesa, oltre alle specificità tipiche del ministero sacerdotale e del ministero consacrato, in quella comunione che c’è nell’esperienza ecclesiale, ci sono servizi che possono essere svolti anche da laici”.
Qual è sarà il futuro della Caritas?
“In quell’ottica di animazione pastorale di cui parlavo prima, che dia un po’ le motivazioni a tutti i cristiani della comunità, di sentirsi davvero impegnati, responsabilmente, nella propria esperienza di fede, attraverso una testimonianza coerente, magari semplice, ma quotidiana, che è chiesta ad ognuno di noi”.
Cosa si sente di dire a quei cristiani che mettono la Carità all’ultimo posto o che credono di avere la coscienza a posto con una offerta per i poveri ogni tanto?
“Di ripensare a questo atteggiamento perché sicuramente è in questa dimensione caritativa che si trova anche la ragione fondamentale di essere uomini e donne di Fede”.
Ha un particolare ricordo di questi suoi sette anni di direzione?
“Non ho particolari ricordi di eventi di questi miei sei anni di direzione alla Caritas. Ho invece ricordi particolari di un insieme d’incontri e di condivisioni che fanno di questa esperienza, che è molto impegnativa e difficile, un esperienza straordinaria”.
Franco Mariani
Dal numero 5– Anno I del 12/02/2014
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