“Io, te e la dislessia” di Mariarosaria Conte

dislessiaLa scrittrice napoletana Mariarosaria Conte, con “Io, te e la dislessia” – sua seconda opera pubblicata dalla Casa Editrice milanese 13Lab – affronta un tema alquanto delicato e di grande attualità.

Infatti, la dislessia, o disturbo della lettura (o letto-scrittura), rappresenta la disabilità di apprendimento più comune e colpisce mediamente una percentuale che va dal 3 al 7% della popolazione, anche se è scientificamente provato che, negli Stati cosiddetti civilizzati, la percentuale può arrivare fino al 20%, anche se i sintomi sono spesso, fortunatamente, di un grado minore rispetto a quelli descritti esaustivamente nel libro dell’autrice.

Mariarosaria Conte, già autrice del toccante “Mare nell’anima”, in questo libro ci mette realmente l’anima, e riesce perfettamente a dare una speranza – e anche molte informazioni utili – a tutte quelle famiglie che, ahimè, si accorgono di avere un figlio dislessico in casa. Ma “Io, te e la dislessia” è anche un libro sull’amore materno. Proprio quell’amore che vince contro tutto e tutti, anche contro le istituzioni e l’ottusità di troppe maestre della scuola primaria italiana.

Daniela, insegnante romana, sposata con Antonio e madre di tre figli, cerca di fare tutto il possibile per far sì che la piccola Veronica, dislessica ma con un’intelligenza fuori dal comune, possa studiare e frequentare la scuola serenamente. Purtroppo, come avviene molto spesso anche nella realtà, le docenti che dovrebbero garantire una “buona scuola” e un “buon insegnamento”, non solo non sono in grado di rapportarsi con i giovanissimi studenti, ma addirittura, con il loro comportamento, riescono perfino a fare dei danni psicologici non indifferenti…

“Mia figlia non si poteva definire né stupida né svogliata, era semplicemente dislessica. Noi tutti giravamo intorno al problema senza trovare la forza e la voglia di affrontarlo. Né tantomeno gli insegnanti erano stati capaci di metterci sulla strada giusta, aiutandoci a comprendere e a gestire la situazione. Fummo abbandonati a noi stessi, come centinaia di famiglie di bambini dislessici, segnati e mortificati con il marchio di pigri, indolenti, svogliati… stupidi!”.

Questo significativo passo tratto dal libro è tristemente realistico, e rende più che bene l’idea della situazione quotidiana e scolastica di tutti quei bimbi che soffrono di questo disturbo.

La figura della protagonista Daniela, la madre di Veronica, a tratti può risultare “antipatica”, soprattutto per l’incapacità della stessa di tirare fuori gli artigli o di reagire di fronte alle palesi ingiustizie rivolte contro la figlia da alcune odiose docenti; ma è anche una madre che si ritrova improvvisamente a dover combattere contro un nemico subdolo – la dislessia appunto – praticamente da sola, perlomeno all’inizio, e non è certo preparata a farlo.

“Io, te e la dislessia” si apre con la diagnosi di una dottoressa. “Disturbo della letto-scrittura: scrittura caratterizzata da errori fonologici e lettura lenta e imprecisa…”. Uno shock per Daniela e il marito Antonio. Più che una diagnosi, una sentenza. Da qui il lettore, pagina dopo pagina, entrerà nel vivo di una storia fortemente umana, scoprendo la crescita di un’intera famiglia alle prese con un problema attuale e, soprattutto, incompreso dai più.

Il libro di Mariarosaria Conte vuole anche mandare un messaggio ben preciso, un messaggio di denuncia rivolto soprattutto alla scuola italiana, e anche alla medicina, psicologia infantile in primis.

Un libro adatto a tutti, non solo a chi ha avuto contatti diretti o indiretti con la dislessia. Mariarosaria infatti, con questa sua sorprendente opera, usa un metodo di scrittura semplice e praticamente perfetto. Inoltre, “da genitore di ragazza dislessica”, come si definisce nelle conclusioni, fornisce molti consigli utili a quanti – genitori e soprattutto insegnanti – abbiano il dubbio di trovarsi di fronte a bambini affetti da dislessia.

“Io, te e la dislessia” è la storia romanzata del percorso di crescita di un’intera famiglia verso l’accettazione di una problematica della quale, purtroppo, non esiste ancora un antidoto. Un libro che tiene il lettore letteralmente incollato alle pagine. Da non perdere.

“L’idea del romanzo è nata nell’estate del 2012 – racconta Mariarosaria – quell’anno, insieme alla mia famiglia, trascorremmo le vacanze in montagna in un paesino ai confini con l’Austria. Lì conobbi una giovane donna: Claudia, mamma di una ragazza dislessica che mi raccontò la sua esperienza. La sua storia era carica di rabbia, di angoscia, di dolore, per le difficoltà che la figlia aveva dovuto affrontare a causa di un sistema scolastico poco attento alla problematica. Anch’io, durante l’inverno precedente, mi ero trovata ad affrontare la diagnosi di dislessia della mia ragazza e in parte mi rispecchiai nel suo narrato. Presi degli appunti, e i contatti di Claudia e buttai giù delle idee, perché mi sembrava surreale che nel 21° secolo si sapesse così poco sull’argomento, ma non ero pronta a scrivere. I miei appunti rimasero in un cassetto insieme a tutte le emozioni della mia amica”.

“Nell’estate 2013 – continua l’autrice – scrissi il mio primo romanzo: ‘Mare nell’anima’. Nonostante nella mia vita abbia cominciato decine di racconti e romanzi, ‘Mare nell’anima’ ebbe il merito di essere il primo lavoro portato a termine. Dopo circa quindici giorni dalla conclusione del primo testo, ritrovai gli appunti sulla dislessia e i personaggi che avevo chiuso nel cassetto reclamarono il loro posto. Piano piano la storia prese forma. Il racconto di Claudia, la mia esperienza come madre di ragazza dislessica e d’insegnante si sono fusi in romanzo carico di emozioni e anche di tanto dolore. Nonostante nel 2013 avessi buttato giù solo l’incipit, sapevo che ‘Io, te e la dislessia’ avrebbe visto la luce, ma il percorso fu molto lento e struggente. Solo nel gennaio 2016 il romanzo ha trovato la sua ultima stesura ed è riuscito a rappresentare (almeno mi auguro) le emozioni di una famiglia che affronta la problematica della dislessia e i pensieri più reconditi di un bambino affetto da tale disturbo”.

E sui consigli da dare a chi ha in famiglia bambini con problemi di dislessia, Mariarosaria Conte spiega: “Consiglio innanzi tutto di affrontare subito la situazione. La dislessia non è una malattia, non è una patologia, non è un handicap: è una caratteristica, come gli occhi azzurri, i capelli biondi, lisci o ricci… Quindi, va affrontata con molta serenità. I bambini e i ragazzi dislessici in ambito scolastico devono essere seguiti, perché sono effettivamente affetti da un disturbo specifico dell’apprendimento, quindi hanno bisogno di aiuto, ma sono particolarmente intelligenti, basta sfruttare canali diversi per il loro apprendimento, come quello visivo o uditivo. Quindi l’arma vincente è quella di affrontare subito la problematica e iniziare un percorso logopedico quanto prima possibile. Un intervento precoce è molto più efficace di uno tardivo, e garantisce un recupero migliore. Girare intorno alla realtà, senza mai affrontarla, lascia i piccoli dislessici in un limbo d’incertezze e dubbi, il tutto a discapito della loro autostima”.

Sulla scuola italiana, la scrittrice ammette: “Penso che lo Stato italiano debba investire nel sistema scolastico. Un Paese in salute pensa all’Istruzione prima che ogni altra cosa. I giovani sono il nostro futuro ed è obbligatorio prendersi cura di loro. Il sistema scolastico dovrebbe lavorare a braccetto con quello sanitario per permettere diagnosi precoci e precise. Sarebbe bellissimo poter usufruire all’interno della scuola di un neuropsichiatra, di uno psicologo, di un terapista… in poche parole di supporti validi ed efficaci per alunni e docenti. Inoltre, sarebbe indispensabile la riqualificazione del personale docente con un programma di formazione valido e permanente. È inutile affidarsi ai 500 euro di Bonus. Gli insegnanti dovrebbero avere il diritto alla formazione, il diritto ad avere classi meno numerose, lavorare meno ore al giorno in aula e dedicarsi di più all’aggiornamento. Stare in classe è faticoso, il lavoro d’aula è molto usurante, poi ci sono le lezioni da preparare, i compiti da correggere, la parte informatica e dei registri da aggiornare. In pratica, c’è tanto lavoro sommerso di cui nessuno parla. Per avere in aula un insegnante preparato, tutto questo lavoro dovrebbe essere ridotto e dovrebbero essere inserite ore di formazione. Ma per ottenere ciò bisognerebbe investire e, a quanto pare, a nessuno interessa investire sulla sistema scolastico”.

“Io lavoro nella scuola primaria: le fondamenta. Adoro questo ordine di scuola – prosegue la scrittrice – perché i bambini sono ancora materia plasmabile e mi piace pensare di poter contribuire in maniera decisiva al loro processo di formazione. Quando un bambino entra nella mia aula diventa un mio figlio. Sono attenta a ogni singolo bambino, perché ognuno di loro è una persona a sé e per ognuno di essi è necessaria un’insegnante diversa! Io cerco di esserlo, sintonizzandomi sulla loro stessa lunghezza d’onda, per permettere loro un apprendimento quanto più sereno possibile”.

E quando le chiediamo se ha mai avuto in classe studenti con handicap, la Conte risponde: “Sempre. Ho sempre avuto classi molto variegate, complesse e numerose situazioni di disagio e di handicap, sia lievi che molto gravi. Purtroppo non è semplice il processo d’integrazione e di inclusione. I bambini non hanno filtri e tendono ad emarginare il ‘diverso’. La diversità, in ogni sua forma, fa paura e i piccoli lo esprimono senza riserve. Il processo d’inclusione, di amore, di stima e rispetto reciproco è il lavoro più difficile per un’insegnante, ma quando la classe diventa un’unica entità, quando vedi instaurarsi rapporti d’amicizia sincera che si porteranno avanti anche per tutta la vita, la sensazione di vittoria che si prova è meravigliosa!”.

“Per il futuro – conclude Mariarosaria – per adesso sto aspettando di vedere cosa succede con questo romanzo, sono in fase di osservazione per capire quali potranno essere i miei progetti futuri. Nel 2016 ho ultimato due romanzi di formazione. Uno è il seguito di ‘Mare nell’anima’, l’altro una nuova storia, forse da completare con un sequel. Sono lì, nel cassetto a decantare, in attesa degli eventi. Quindi, sembrerebbe che il genere sia rimasto sempre lo stesso: romanzo di formazione. C’è chi ha letto il testo sulla dislessia e mi ha chiesto di scriverne uno sull’autismo. C’è chi, invece, vorrebbe storie per bambini. Io, in genere, mi faccio guidare molto dall’istinto. Non mi è mai capitato di decidere cosa scrivere a tavolino. Fatti, personaggi, luoghi mi parlano e mi chiedono di venire al mondo, il resto viene di conseguenza. Per il momento attendo e mi riposo un attimo!”.

“Io, te e la dislessia” di Mariarosaria Conte, 13Lab Editore.

Mattia Lattanzi
Dal numero 138 – Anno III del 14/12/2016