LAV e Animal Equality contro la tortura dei conigli: firma petizione 5 e 6 dicembre
LAV – Lega Antivivisezione e Animal Equality, sono i protagonisti di un’importante campagna di sensibilizzazione a favore dei conigli.
La LAV, infatti, sarà in piazza sabato 5 e domenica 6 dicembre per raccogliere firme con lo scopo di fermare le inaudite torture a cui sono sottoposti i conigli d’allevamento.
Già perché, mentre per moltissimi altri animali d’allevamento un minimo di controllo c’è, per i conigli non esiste una legge, né tantomeno uno straccio di norma giuridica, che tuteli perlomeno la breve sopravvivenza di questi animali.
Il coniglio è oramai entrato a far parte dei cosiddetti animali d’affezione nelle case degli italiani già da alcuni anni. Il coniglio, sia nano che di razza media o “gigante”, è – secondo varie statistiche, anche se la certezza matematica non si ha ancora, in quanto i dati contrastano a seconda di chi li fornisce – al terzo posto della classifica degli animali da compagnia, preceduto ovviamente dal cane e dal gatto.
Quindi, non è un caso che l’onorevole Brambilla abbia, nei mesi scorsi, lanciato una “provocatoria” campagna a favore dei conigli, chiedendo a gran voce (sono decine di migliaia le firme già raccolte) l’arresto fino a due anni per chi mangia carne di coniglio, oltre a multe salate. È molto improbabile che una simile legge venga accolta da questo governo, ma ciò che è davvero importante è che gli italiani capiscano che torturare i conigli, così come tutti gli altri animali, è inutilmente crudele.
Secondo un’accurata ricerca di Faostat, gli italiani sono i maggiori consumatori di carne di coniglio. Pensate che solo l’Italia produce la metà della carne di coniglio di tutta l’Europa: 262.500 tonnellate contro le 512.876 dell’Europa. Verrebbe da chiedersi il perché di tale mostruosità, visto e considerato che in paesi più “civili” di noi (Irlanda e Inghilterra in primis) il coniglio viene allevato solo a scopo amatoriale, e senza che subisca maltrattamenti di alcun genere.
Ma il perché di tale obbrobrio tutto italiano ce lo spiegano le responsabili toscane della LAV, Antonella Messeri e Susanna Cavalieri: “Ogni italiano consuma mediamente 2,6 chili di carne di coniglio l’anno, soprattutto nelle regioni del Centro Sud. Solo in Campania il consumo procapite è di ben 10 chili! Inoltre, l’intera filiera cunicola in Italia vale circa 805 milioni di euro (dati 2008), e un giro d’affari così imponente consente totale libertà di azione al sistema. E non ultimo, l’allevamento dei conigli non è regolamentato da norme sulle condizioni degli animali. I parametri d’intensività non sono contestati perché non vi sono standard di riferimento. Quindi, l’allevamento dei conigli è un business fuori controllo!”.
Ma proviamo a passare ai numeri. Purtroppo, il numero dei conigli allevati in Italia è diverso in base alla fonte. Vediamo le principali fonti: 11 milioni di conigli allevati secondo il censimento Istat dell’agricoltura; 70 milioni di conigli secondo Avitalia; addirittura 175 milioni di conigli secondo Faostat. Che ci sia qualcosa che non torna, è palese.
E nemmeno i numeri sui conigli macellati coincidono: secondo l’Istat sono 30 milioni i conigli macellati nel 2007; Avitalia dichiara che sono 60 milioni, quindi il doppio; mentre la Fao afferma che sono invece oltre 170 milioni.
Viene naturale pensare che in questo particolare settore regna l’incertezza. Pertanto, la mancanza di norme rende questa tipologia di allevamento tra quelli con minore livello e possibilità di controllo.
La LAV per dimostrare le situazioni precarie dei poveri conigli destinati al macello, costretti a vivere in piccolissime gabbie di metallo senza spazio e senza condizioni igieniche adeguate ha svolto, assieme ad Animal Equality, un’accurata indagine per arrivare a dimostrare questo orrore.
Infatti, come ben spiegato nel sito della LAV, veniamo a scoprire che le fattrici (coniglie da riproduzione) e i riproduttori, vivono singolarmente in gabbie di rete metallica. Le zampette spesso si incastrano nella rete provocando ferite agli animali. I piccoli coniglietti all’ingrasso (alimentati a forza per poter raggiungere il peso minimo di 2,5 chilogrammi il più velocemente possibile) sono stipati fino a 7 esemplari nella stessa gabbietta, quindi senza mai essere in grado di alzarsi sulle zampe e senza potersi girare per “sgranchire” i muscoli (ricordiamo che il coniglio in natura corre e salta per diverse ore al giorno, soprattutto dopo il crepuscolo). E la cosa che fa venire il voltastomaco, è che non esistono regole neanche sulle dimensioni delle gabbie!
L’Europa ci impone ad esempio come devono essere lunghe le carote, che spessore devono avere i cetrioli, o quanto devono essere grosse le vongole… ma non è in grado di dirci quanto devono essere grandi le gabbie dei conigli!
In conclusione, lo spazio utile per un coniglio è di circa 450 centimetri quadrati: l’equivalente di un foglio A4.
Provate solo ad immaginarlo… Senza pensare agli escrementi: soprattutto l’urina che sprigiona esalazioni di sostanze come l’ammoniaca, che gli animali respirano e che sono dannose per la loro salute.
E la morte è sempre in agguato. I conigli negli allevamenti muoiono per schiacciamento, per patologie neonatali, per morte della madre, per cannibalismo quando non riescono ad essere allattati, ed anche per errori degli addetti: congestioni, poca cura del nido, denutrizione, diarrea, enteriti, malattie respiratorie e altro. E ovviamente la diffusione delle malattie è consuetudine.
I conigli negli allevamenti si ammalano molto frequentemente di patologie quali micosi, encefaliti, enteriti e infezioni varie. E in caso di epidemie, cosa si fa? I conigli vengono sterminati in massa, non solo per evitare il propagarsi della malattia, ma anche e soprattutto per evitare che i media e le associazioni animaliste ne vengano a conoscenza…
Poi c’è il triste viaggio verso la macellazione. Un viaggio di 24 ore, in gabbie sempre più piccole e posizionate una sopra l’altra, al freddo e al caldo, tra feci, urina e conigli che non arrivano vivi a destinazione.
E quei “fortunati” che arrivano vivi vengono sbattuti negli storditori, macchinari spesso fatiscenti che non riescono nel loro compito, quello cioè di lasciare l’animale privo di sensi. E così vengono spesso sgozzati quando sono ancora coscienti. Poi vengono appesi a testa in giù per il dissanguamento, che se non è completo prima dello scuoiamento e della eviscerazione, comporta che queste due procedure siano subite dal coniglio mentre è ancora vivo.
LAV e Animal Equality hanno condotto questa indagine sul campo, senza precedenti, proprio per portare alla luce quello che avviene in questi allevamenti maledetti; allevamenti-lager che, lo vogliamo ripetere ancora, non sono soggetti a controlli da parte di nessuno.
Giovanni, investigatore sotto copertura, ha dichiarato: “Diversi momenti passano davanti ai miei occhi, uno più toccante dell’altro, ma nulla mi ha colpito quanto gli sguardi fissi e spenti di quelle madri continuamente ingravidate, rinchiuse, costrette a crescere i loro cuccioli all’interno di una gabbia metallica. Non li dimenticherò mai più, ne sono certo. Se potessimo vedere tutti quello che ho visto io, non accetteremmo che sia ancora possibile un trattamento simile nei confronti di un essere vivente…”.
Quindi, non lasciamoci sfuggire l’occasione per poter fare qualcosa di utile per questi splendidi animali. Firmate la petizione on line, sperando che possa smuovere le coscienze di molti, oppure andate numerosi in piazza sabato 5 e domenica 6 dicembre.
La LAV sarà presente il 5 a Firenze in Piazza dei Ciompi, a Borgo San Lorenzo in Piazza Garibaldi, e a Pontassieve in Piazza Cairoli.
Il 6 a Firenze in Via Orsanmichele con orario 9,30-19
Per firmare la petizione clicca qui
Per info su LAV
Non mangiate carne di coniglio! Non contribuite a questo vero e proprio orrore!
Mattia Lattanzi
Dal numero 89 – Anno II del 2/12/2015
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