Messa Card Betori Natale 2016 – 50° visita Alluvione di Papa Paolo VI a Firenze
A Firenze in occasione della Santa Messa della Notte di Natale del 2016 l’Arcivescovo, Cardinale Giuseppe Betori, ha ricordato con enfasi il 50° Anniversario della storica visita del Beato Papa Paolo VI avvenuta la sera del 24 dicembre 1966, cinquanta giorni dopo la tragica alluvione del 4 novembre.
Il Cardinale Betori ha indossato i paramenti sacri, la mitria e usato il calice e la croce astile usati dal Beato Papa Paolo VI nel 1966 e lasciati in dono alla cattedrale di Firenze.
Questo il passaggio centrale dell’Omelia del Cardinale dedicata alla storica visita:
Tutto questo ci interpella in modo singolare come fiorentini, questa città che cinquanta anni fa subì la dolorosa catastrofe dell’alluvione e da lì trovò forza per risorgere, grazie al coraggio che trasse dalla sua storia e identità ma anche grazie al sostegno che le venne da tanti che vennero ad aiutarci da ogni dove.
Dobbiamo ricordarlo in questa notte di Natale che,cinquanta anni fa, fu illuminata dalla presenza del beato papa Paolo VI, che venne a incoraggiarci e a indicarci nel Bambino Gesù la luce che doveva guidarci nella nostra rinascita.
Quella piccola vita apparsa a Betlemme doveva invitarci a ritrovare fiducia nella vita e a porre le premesse di unarinascita per questa città.
Vi ricordo alcune delle parole che il papa pronunciò in quella notte da questa cattedra episcopale: «Celebriamo la beata memoria dell’umile e meravigliosa nascita di Cristo nel mondo, nellastoria, fra noi, uomini dispersi e cercanti. Anzi una sua rinnovata presenza noi celebriamo. Ed è così vero, così suggestivo questo avvenimento, che non è fantasia pensare a noi stessi come a viandanti nello sconfinato panorama della vita, i quali si mettono al passo sopra uno stesso sentiero, e l’uno all’altro si rivelano pellegrini verso una stessa meta. Eccoci insieme. Dove andiamo? Andiamo a Cristo. […]
È nato il Messia, il centro dell’umanità, Colui che conosce ciò che è nell’uomo (cfr. Io. 2, 25), Colui al quale, scienti o no, tutti gli uomini sono rivolti […] E nessuno sia stupito o scandalizzato se l’apparizione delude ogni fantasia trionfalistica (come oggi si dice), ma si presenti invece nelle vesti dell’umiltà, della povertà, dello squallore terreno; una rivelazione di suprema bontà […], un’offerta di fratellanza a pari livello con ogni uomo, intenzionalmente compreso l’uomo minore, l’uomo minimo, e una tacita, ma potente lezione rieducativa sui veri valori della vita, non poteva avvenire che così: l’humilis Deus del Presepio è proprio quello che ci può convincere, e che può finalmente cavare dal nostro arido cuore la nuova scintilla, l’amore.
E questo, Fratelli e Figli carissimi, spiega il perché la Nostra celebrazione del Natale quest’anno ha scelto questa sede. […] Siamo qua venuti, sospinti dalla carità del Natale, perché la vostra prova Ci ha chiamati, Ci ha quasi obbligati a venire. Siamo qua venuti, nel giorno della tenerezza e della fortezza dell’amore, per piangere con voi, dicevamo.
Sì, Fiorentini, ai cento titoli, che voi potete avanzare per la Nostra affezione, per la Nostra stima, per l’umana e cristiana comunione, un altro titolo si è aggiunto, che ora, più d’ogni altro, Ci ha messi in cammino: il vostro dolore, così grande, così singolare, così fiero e così degno. […]
Siamo venuti per condividere la speranza, che vi ha tutti sostenuti nella sventura, per esserne Noi stessi confortati. Conosciamo le vostre virtù umane e civili, la vostra tempra fiorentina, vibrante d’intelligenza, di coraggio, di laboriosità, di senso acuto ed operante della realtà; sono virtù, codeste, che, messe alla prova, insorgono, si affermano e si accrescono; non cedono. Così avviene in codesta drammatica contingenza, che, invece di fiaccare, corrobora le vostre energie e le moltiplica» (Paolo VI, Omelia della Santa Messa di Mezzanotte nella Cattedrale di S. Maria del Fiore a Firenze, 24 dicembre 2016).
Se le prime parole del Beato Pontefice ci emozionano e ci commuovono, queste ultime ci inorgogliscono e al tempo stesso ciintimoriscono nella consapevolezza che esse suonano anche come un esame di coscienza: siamo stati fedeli a tale alta consegna? Soprattutto, al di là dell’inevitabile riconoscimento delle nostre inadeguatezze e ritardi, ci interrogano su quale possa la sorgente alla quale alimentare tali virtù.
La risposta ce la offre ancora Paolo VI nella conclusione della sua omelia: «Ma c’è ben altro nelle riserve della coscienza fiorentina: le riserve geniali e spirituali che vi ha depositato la vostra incomparabile tradizione; [… e] il Nostro accenno a codesta ricchezza mira soltanto a ricordarvi ch’essa non dev’essere, come del resto non è, puro oggetto di contemplazione e di orgoglio, ma sorgente di ispirazione e d’impegno; non dev’essere soltanto storia passata e finita, ma stimolo ad una ricerca sincera e originale dei valori immortali e universali, ch’essa racchiude ed illustra; e studio dev’essere, e sforzo per rivivere e per emulare la grandezza spirituale d’un tempo, per bandire da voi, se bisogno vi fosse, ogni imbelle pigrizia, ogni decadente criticismo, ogni opaco materialismo; e per rinascere.
Rinascere popolo vivo ed unito; popolo laborioso e credente, popolo tipico e moderno. Rinascere, Figli carissimi, è […] una parola che sa d’utopia per chi non conosce il Natale. Rinascere vuol dire rifare se stessi, i propri pensieri, i propri propositi; […] vuol dire per voi, Fiorentini, ritrovare le energie interiori dello spirito, che la vostra tradizione cristiana ha inserito nell’essere vostro; e riacquistare coscienza della vostra vocazione a irradiare appunto lo spirito, e a diffondere nel mondo, cominciando da quello che viene qua pellegrinando alla vostra scuola, di arte e di storia e di lingua e di civiltà, quei valori immortali e universali, di cui dicevamo, e di cui la fede cattolica dei vostri Santi e dei vostri Grandi possiede la sempre feconda radice. […]
La vostra vocazione, Fiorentini, è nello spirito, la vostra missione è nel diffonderlo. Ed è per riaccendere in voi codesta coscienza, codesta fiducia, in un’ora che può essere decisiva per il vostro orientamento morale, che Noi siamo venuti a celebrare il Natale con voi; il Natale non solo di Cristo, ma vostro, il Natale della speranza cristiana».
Faccio eco alle parole del Papa e vi esorto, fiorentini, a ritornare a Cristo, a ritrovarlo nelle periferie delle povertà dell’umanità, per ritrovare le radici delle nostre virtù e fare del Natale di Cristo il Natale nostro, la nostra rinascita.
Al termine di quella celebrazione Paolo VI compì un gesto inatteso: appuntò sul gonfalone della nostra città una medaglia del suo Pontificato, quella che celebra il Concilio Vaticano II, come riconoscimento alla sofferenza e al tempo stesso al coraggio e alla incipiente rinascita della nostra città.
Sono grato alla nostra Amministrazione comunale per aver portato questa notte nella Cattedrale il nostro gonfalone, il solo gonfalone nel mondo che si fregi di una medaglia della Santa Sede, per di più appostagli dalle mani stesse del Papa.
Sia richiamo per noi alle nostre virtù ma anche alla missione di Firenze quale “città sul monte”, come la definivaGiorgio La Pira, una missione universale di verità dell’umano e di costruzione della pace. Buon Natale!
Riprese video e foto di Franco Mariani.
Franco Mariani
Dal numero 139 – Anno III del 21/12/2016
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