Ricordato il sacrificio dell’Agente di Polizia Fausto Dionisi ucciso 40 anni fa dai terroristi
La città di Firenze sabato 20 gennaio ha ricordato solennemente il 40° anniversario dell’uccisione, da parte di un commando di terroristi, dell’Agente di Polizia Fausto Dionisi, Medaglia d’Oro al Valor Civile.
Un evento terribile da parte dei terroristi di Prima Linea che volevano far evadere dal carcere de Le Murate alcuni loro compagni lì detenuti.
Un evento che sconvolse l’intera città.
Un evento che è stato ricordato anche dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Consiglio dei Ministri che hanno mandato due messaggi alla famiglia: “In occasione di questa giornata di commemorazione – scrive il Presidente Gentiloni – desidero far giungere la mia sincera vicinanza alla famiglia dell’Agente di Polizia Fausto Dionisi, a quarant’anni dal vile agguato che gli costò la vita. Cerimonie come quella di oggi ci permettono di ricordare un periodo doloroso della nostra storia recente, la cui memoria è un componente indispensabile della nostra democrazia. Grazie allo straordinario impegno delle Istituzioni e delle Forze dell’Ordine, e al coraggio di uomini come Fausto Dionisi e di tanti altri suoi colleghi, l’Italia ha sconfitto la barbarie del terrorismo, tenendo saldi i valori di libertà, di giustizia e di legalità che sono alla base del nostro vivere comune. Voglio, perciò, inviare il mio saluto alla signora Mariella Magi Dionisi, alle autorità e ai cittadini, in questo significativo appuntamento che contribuisce a tenere vivo il ricordo dei caduti dello Stato”.
L’allora Arcivescovo di Firenze, il Cardinale Giovanni Benelli, si recò subito dalla moglie, la Signora Mariella Magi Dionisi, e la incontrò diverse volte anche nei giorni successivi.
Ai solenni funerali, presieduti dallo stesso Benelli nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice a Novoli, la parrocchia di Fausto, il cardinale inizio l’omelia con queste parole: «Dinnanzi a una giovinezza distrutta, a una vita spenta così repentinamente e così tragicamente, si rinnova la domanda: perché la distruzione spietata, assurda, di questo valore immenso che è la vita umana? Perché tanto odio?».
Queste parole sono state ricordate dopo 40 anni dal Cappellano della Polizia di Firenze, Mons. Luigi Innocenti, durante la messa commemorativa, celebrata per la prima volta nella chiesa di San Giuseppe, a pochi metri da dove si compì l’agguato.
“Quarant’anni dopo – ha detto Mons. Innocenti – il motivo che ci hai raccolti qui stamani è quello non tanto di dare una esauriente risposta a quelli interrogativi perenni, quanto quello di voler ritrovare con il senso cristiano della vita, il valore di scelte e comportamenti che soli permettono di conseguire il bene per noi stessi e per gli altri, e per ritrovare soprattutto quegli atteggiamenti che ci rendono più umani: l’umiltà, il servizio, il sacrificio di sé. Quelle scelte e quegli atteggiamenti che furono di Fausto Dionisi, e per stringerci attorno a Mariella, a la figlia, ai parenti, ai colleghi, agli amici e ai conoscenti”.
“Personalmente – ha continuato Mons. Innocenti – non ho conosciuto Fausto, ma dalle tante testimonianze su di lui, ne ricaviamo la figura di una persona con i tratti di una bella umanità, in cui spiccano l’entusiasmo, l’abnegazione, l’alto senso morale, il senso del dovere e l’attaccamento al servizio. L’amore e la cura per la sua famiglia e nei rapporti con i colleghi e gli amici. Doti e virtù che furono violentemente interrotte quella mattina del 20 gennaio 1978. Veramente la morte sembra rendere vani tutti i sacrifici e tutte quelle fatiche di una vita, sembra seppellire per sempre le doti e le ricchezze di un uomo”.
Mons. Innocenti ha concluso con le stesse parole con cui il Cardinale Benelli concluse l’omelia: «A Dio, Padre Amoroso, affidiamo l’anima di Fausto che è stato strappato così brutalmente alla famiglia, agli amici, ai colleghi di servizio, a tutti noi che animati dal suo generoso servizio dobbiamo accreditare quel poco di libertà di cui ancora godiamo. Alla Divina bontà affidiamo chi è rimasto a piangere il padre, il marito, il figlio. Alla Misericordia del Padre comune affidiamo, in questa celebrazione eucaristica, il ravvedimento di chi ha ucciso». “Dio – ha però sottolineato Mons. Innocenti – non ha esaudito quest’ultima supplica, ma questo non deve esimersi dal fare ancora nostre, oggi, quelle stesse preghiere di quarant’anni fa”.
È bene ricordare che a distanza di 40 anni sono rimasti impuniti gli esecutori dell’agguato che non sono mai stati processati (Vito Biancorosso), e nel caso di uno, quello che materialmente risulta aver ucciso l’agente Dionisi, nemmeno mai arrestato (Franco Coda), mentre uno dei mandanti (Sergio D’Elia) alla fine è stato addirittura premiato dai Radicali e dal PD con un seggio al Parlamento e l’incarico istituzionale di Segretario della Camera dei Deputati.
40 anni fa la città – è bene ricordarlo – partecipò in massa ai funerali, facendo sentire fortemente la sua voce di condanna per il feroce agguato.
Sono passati 40 anni da quel tragico episodio che sconvolse la moglie e la figlia, all’epoca di soli due anni, eppure dopo 40 anni si deve notare come i terroristi dell’epoca continuino a portare avanti i loro ideali.
L’eccidio dell’agente Fausto Dionisi è il primo 40mo anniversario di tanti che cadranno nel 2018, tra cui quello dell’uccisione dell’On. Aldo Moro e dei 5 uomini della sua scorta in via Fani.
E proprio nei giorni scorsi una ex terrorista di quell’eccidio, la brigatista rossa Barbara Balzerani, ha scritto sulla sua pagina facebook: “Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40ennale?”.
La Balzerani, 69 anni, oggi è una libera cittadina dal 2011, che scrive libri, ma non si è mai pentita né dissociata.
Per fortuna le ha risposto un suo ex “collega” Raimondo Etro: “Le Brigate rosse hanno rappresentato l’ultimo fenomeno di un’eresia politico-religiosa che nel tentativo maldestro di portare il Paradiso dei cristiani sulla terra… ha creato l’Inferno.. Inoltre lei dimentica che chi le permette di parlare liberamente… è proprio quello Stato che noi volevamo distruggere… così pregni di quella stessa schizofrenia che al giorno d’oggi affligge i musulmani che da una parte invidiano il nostro sistema sociale, dall’altra vorrebbero distruggerlo. Il silenzio sarebbe preferibile all’ostentazione di sé, per il misero risultato di avere qualche applauso da una minoranza di idioti che indossano la sciarpetta rossa o la kefiah. Ci rivedremo all’Inferno”.
Visto che la memoria è debole è forse bene ricordare come negli ultimi anni la cerimonia fiorentina sia stata seguita da alcuni episodi sconcertanti: scritte anonime sul muro dove si trova la lapide e, per ben due volte, il furto nei giorni subito dopo la cerimonia, da parte di ignoti rimasti sconosciuti, della corona apposta sotto la lapide.
Riprese video e foto di Franco Mariani.
Franco Mariani
Dal numero 188 – Anno V del 24/1/2018
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