Sei mesi di festa per i 150 anni del Bargello
Il Museo Nazionale del Bargello compie 150 anni, in quanto venne istituito con Regio Decreto il 22 giugno 1865, ma già da alcune settimane ospitava due importanti esposizioni, una dedicata a Dante, di cui proprio in quell’anno si celebrava il sesto centenario della nascita, e la seconda all’arte del Medioevo.
Nato come Palazzo del Podestà a metà del Duecento, e trasformatosi poi in carcere per quasi tre secoli, il Bargello è uno dei principali musei statali di Firenze, noto soprattutto perché ospita la più grande concentrazione di capolavori di Donatello, ma anche di Michelangelo, di Verrocchio, di Cellini, di Giambologna e molti altri.
Nell’ambito della recente riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, insieme ad altri 19 musei italiani, il Bargello è destinato a ottenere l’autonomia gestionale e a essere guidato da un direttore manager.
Intanto è stato varato il programma degli appuntamenti che, nell’arco di sei mesi, celebreranno i 150 anni trascorsi dall’istituzione del primo museo nazionale d’Italia: si tratta di un concerto in stretta relazione con l’anniversario dantesco di un secolo e mezzo fa, di un ciclo di conferenze, di un convegno internazionale incentrato sulla nascita dei musei nazionali in Europa e della pubblicazione di un volume sulla storia del Museo Nazionale del Bargello attraverso le immagini.
“Il Museo Nazionale del Bargello compie 150 anni – ha spiegato Paola Grifoni, Segretario Regionale del Mibact per la Toscana – ed è per tutti un’ottima occasione non solo per celebrare, con esso, la nascita dell’idea di museo nazionale, ma anche per riscoprire in che modo architettura, restauro, museologia e museografia possono interagire costituendo uno degli scrigni più importanti del patrimonio storico artistico e architettonico d’Italia, capace di custodire una straordinaria concentrazione di capolavori che meritano indubbiamente di essere sempre più valorizzati”.
Nell’arco di poco più di un mese, al Museo Nazionale del Bargello si terranno cinque conferenze, tenute da specialisti d’eccezione, che illustreranno temi incentrati su capolavori e collezioni che rendono il Bargello uno dei musei più celebri al mondo, ma ci faranno anche scoprire la storia più segreta ed affascinante del palazzo. Tutte le conferenze si terranno nel Salone di Donatello, con inizio sempre alle ore 17,30.
Questo il programma nel dettaglio:
Giovedì 18 giugno Marco Collareta Michelangelo (e compagni) nella storia del Bargello. Lunedì 29 giugno Carlo Sisi Immagini del Bargello. Il gotico e le sue varianti.
Nell’ambito degli appuntamenti previsti per celebrare il Bargello, sarà pubblicato un volume dal titolo: I 150 anni del Museo Nazionale del Bargello. Una storia per immagini, a cura di Ilaria Ciseri e Marino Marini, Firenze, Edifir.
Il libro, finanziato dall’associazione Amici del Bargello, intende offrire al pubblico la storia del museo attraverso un percorso visivo, essenzialmente fotografico, che metterà in luce l’evolversi delle collezioni e degli allestimenti nel corso di 150 anni.
Chiuderà, in autunno, il programma delle celebrazioni per il 150° del Bargello, il convegno internazionale dal titolo (provvisorio) “La nascita dei musei nazionali in Europa”, in collaborazione con il Kunsthistorisches Institut di Firenze, 30-31 ottobre 2015.
Al convegno parteciperanno studiosi e specialisti provenienti dai principali musei e università d’Europa, che affronteranno sia la storia della formazione di grandi collezioni museali contemporanee all’istituzione del Bargello, sia lo sviluppo ‘trans-nazionale’ del fenomeno, in un’ottica multilineare del rapporto tra stati nazionali e collezioni pubbliche.
Dal 1865 il Museo Nazionale del Bargello è ospitato nell’antico Palazzo del Podestà, uno degli edifici più antichi di Firenze (metà del XIII secolo), la cui origine è legata strettamente agli albori della civiltà comunale e alle sue tumultuose vicende politiche.
Alla fine del Principato di Cosimo I de’ Medici (1574) il palazzo fu ridotto a carcere fino al 1857, ma già nel 1840 ne fu ordinato un completo restauro, inizialmente per ricercare un antico ritratto di Dante Alighieri che, secondo Vasari, Giotto aveva dipinto nella cappella del Palazzo del Podestà. Effettivamente la notizia di Vasari si rivelò esatta: gli affreschi riaffiorarono sotto le mani d’intonaco e il 21 luglio 1840 il più antico ritratto di Dante tornò alla luce. Di lì a poco il restauro si concluse, il carcere fu trasferito e il museo consacrò la propria nascita ufficiale con Regio Decreto del 22 giugno 1865, celebrando solennemente il sesto centenario della nascita di Dante, padre della lingua italiana e massimo dei nostri poeti. Quindi proprio a Dante il Bargello doveva la sua resurrezione.
Completamente e magistralmente restaurato nelle sue strutture originarie e nei suoi ornamenti in stile, nel 1865 il nuovo Museo Nazionale si inaugurò con una mostra dedicata a Dante e alle Arti del Medioevo, in cui furono esposte opere prestate da grandi collezionisti italiani e stranieri sull’esempio dei maggiori e più moderni musei d’Europa: in particolare, del Victoria and Albert di Londra (o piuttosto South Kensington Museum, come allora si chiamava) e del Musée de Cluny di Parigi. Proprio sul loro modello – che univa alla grande scultura le arti applicate o “minori”, in nome del positivismo, del gusto collezionistico e della nuova civiltà industriale – entro la fine del XIX secolo il Bargello assumerà la sua fisionomia definitiva di museo della scultura e delle arti decorative, a tutt’oggi tra i più importanti del mondo.
Dopo il 1865 cominciarono ad affluirvi tutti quei tesori delle collezioni medicee che non potevano più trovar posto agli Uffizi, ormai dedicati esclusivamente alla pittura e ai capolavori d’arte antica: dunque, giunsero fin d’allora al Bargello non solo le sculture del Rinascimento – di Donatello, Verrocchio, Michelangelo, Cellini, Giambologna – ma anche tutte le collezioni di arti decorative che erano state dei granduchi, dalle maioliche, ai bronzi, alle armi, alle stoffe, alle medaglie. Tra il 1865 e il 1870, nel Salone che verrà poi dedicato a Donatello, presero posto, oltre a marmi quattrocenteschi (comprese le Cantorie di Luca della Robbia e Donatello), anche i grandi gruppi monumentali del Cinquecento, sgomberati dal Salone di Palazzo Vecchio per far posto ai seggi del Parlamento italiano. Si fece anche la prova, attraverso un calco in gesso, di collocarvi al centro il David di Michelangelo, ma non piacque e si costruì invece per lui la tribuna all’Accademia.
A tutto questo si aggiunsero poi le opere d’arte provenienti dai conventi soppressi dalle nuove leggi sabaude (del 1862), che portarono al Bargello soprattutto le robbiane e le oreficerie sacre. Dall’Archivio di Stato vi fu trasferita la straordinaria collezione di sigilli e, con la soppressione della Zecca granducale, un’imponente raccolta di monete e di conii. Ben presto, grazie al suo fascino e alla sua modernità di concezione, il nuovo Museo Nazionale si arricchì anche di importantissime donazioni private: la più imponente fu quella dell’antiquario lionese Louis Carrand – superba raccolta di migliaia di pezzi, in ogni genere di arti decorative e anche di pitture – lasciata al museo nel 1888. A essa seguirono, entro i primi anni del nuovo secolo, la collezione di armi antiche dell’ambasciatore italiano a Parigi, Costantino Ressman (nel 1899) e quella di tessuti rinascimentali del barone Giulio Franchetti (nel 1906).
Tutte queste donazioni da parte di privati, amatori e collezionisti, avevano tuttavia una loro ragione: il museo era infatti salito in gran credito presso il pubblico internazionale in seguito alla grande mostra che si tenne nel 1887 in onore di Donatello, nel quinto centenario della nascita dello scultore, di cui il Bargello conservava già molte delle opere. A esse se ne unirono altre per l’occasione, ambientate tutte nel grande Salone del primo piano. Se si escludono i calchi in gesso il suo allestimento è rimasto, da allora, sostanzialmente intatto e ancora oggi a Donatello – padre della scultura del Rinascimento – è dedicato l’ambiente più prestigioso e suggestivo di tutto il museo: il Salone dell’Udienza del Podestà, vasto quanto una piazza e popolato di capolavori, che segnano la nascita dell’età rinascimentale nella prima metà del Quattrocento.
Nel 1897, il direttore Igino Benvenuto Supino propose una nuova distribuzione delle collezioni non più per “materia” – pietra, bronzo, marmo – ma cronologica, per artisti e per tipologie. Suggeriva così di riunire al secondo piano la scultura del secondo Quattrocento, con Verrocchio e Pollaiolo, e quella del Cinquecento, in particolare di Michelangelo, di Cellini, di Giambologna, oltre all’intera raccolta delle robbiane. La proposta di Supino fu accolta dai suoi successori e nei trent’anni successivi il Bargello acquisì nei suoi tratti essenziali il carattere che ancora oggi mantiene, nonostante i molti aggiustamenti.
Dopo l’alluvione del 1966, durante la direzione di Luciano Berti, il museo si trasformò di nuovo con il trasferimento dell’antica Armeria al secondo piano e la realizzazione della attuale Sala di Michelangelo e del Cinquecento al pianterreno, inaugurata nel 1975, e recentemente riallestita.
Sempre negli anni Settanta è proseguito un generale riordino delle collezioni, con revisioni di allestimenti, nuove catalogazioni, nuove disposizioni di nuclei collezionistici: per esempio, la creazione della Sala islamica; l’esposizione della collezione delle placchette; il riordino e il nuovo allestimento di quasi tutte le sale; la riapertura del Medagliere.
Peraltro, il Bargello ha mantenuto dalla sua origine lo stretto legame col mondo del collezionismo privato e la tradizione delle donazioni, inaugurata si può dire assieme al Museo, non si è mai più interrotta. Questo continuo arricchimento, dovuto alla generosità di appassionati e collezionisti, all’impegno della Associazione degli “Amici del Bargello” (nata nel 1982), ai numerosi acquisti dello Stato – e sono notevolissimi anche quelli di questi ultimi anni, dallo Stemma Martelli di Donatello al Giasone di Pietro Francavilla, fino al piccolo Crocifisso attribuito a Michelangelo – hanno fatto sì che il Bargello, pur mantenendo intatto il suo carattere speciale e il suo fascino ottocentesco, sia in realtà un museo assai mutevole nel particolare e sottoposto continuamente a modifiche di allestimento, più o meno percettibili, per ambientare degnamente i nuovi pezzi.
Mattia Lattanzi
Dal numero 69 – Anno II del 17/06/2015
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