Apertura della Porta Santa per il Millenario della Basilica di San Miniato al Monte a Firenze
Con la solenne apertura della Porta Santa della Basilica di San Miniato venerdì 27 aprile si sono ufficialmente aperte le celebrazioni per il millenario dell’abbazia benedettina fondata nel 1018. A presidere il rito è stato il Cardinale Giuseppe Betori.
La Porta Santa corrisponde, nell’impianto romanico, al luogo di sepoltura del protomartire armeno Miniato e dei suoi compagni uccisi durante le persecuzioni di Decio alla metà del terzo secolo.
Nei giorni precedenti erano stati presentati tutti gli appuntamenti fino all’aprile 2019, il restauro delle tre porte della Basilica, reso possibile dal contributo di alcuni club Rotary dell’area fiorentina, e quello del ciborio, capolavoro di Michelozzo, di cui parliamo in altri articoli.
Prima della cerimonia religiosa il Corteo Storico della Repubblica Fiorentina con il Gonfalone della Città di Firenze e l’Assessore alle tradizioni popolari Andrea Vannucci hanno reso omaggio all’Abate.
Questo la parte iniziale dell’omelia pronunciata dal Cardinale Betori.
Caro abate Bernardo, cari monaci, cari fratelli e sorelle, siamo qui a celebrare i mille anni della fondazione di questa basilica e della sua abbazia per volontà del vescovo fiorentino Ildebrando. Con la sua “charta ordinationis”, egli ricostituiva una comunità monastica sotto la guida di un abate al servizio della memoria del santo martire Miniato, dotando l’abbazia dei beni materiali che ne dovevano garantire la sussistenza e indicando le sorgenti spirituali a cui attingere per il servizio ecclesiale che veniva loro affidato.
Con questa celebrazione diciamo grazie a Dio per ciò che questi mille anni di vita sono stati per la Chiesa e la città di Firenze. E vogliamo riflettere sulle fondamenta su cui San Miniato si è edificata e sulle modalità con cui attraverso i secoli si è mantenuta fedele a quelle fondamenta in rapporto ai bisogni dei tempi.
La prima radice di questo luogo è ovviamente il martirio di san Miniato, un principe armeno che, secondo la tradizione, fu decapitato nel corso della persecuzione disposta dall’imperatore Decio verso l’anno 250 e avrebbe scelto questo monte come sua ultima dimora, salendo fin qui portando in braccio il proprio capo. Il fondamento di quanto oggi celebriamo è dunque la fede in Cristo testimoniata fino al dono della vita. Due particolari meritano di essere evidenziati nella vicenda di san Miniato. Il primo è la provenienza del martire da un lontano paese d’Oriente, come fu per non pochi tra i primi cristiani fiorentini di cui ci parlano le antiche sepolture rinvenute a santa Felicita; siamo così invitati a pensare le nostre radici cristiane nell’orizzonte dell’incontro tra i popoli e della pluralità culturale, un tema oggi così attuale e in attesa di risposte convincenti a livello ecclesiale e ancor più sociale. L’altro elemento che si evidenzia nella leggenda martiriale è il gesto con cui il santo raccoglie il capo strappato dal corpo e attraversa la città fino a questo monte, dando forma plastica alla funzione testimoniale che sconfigge il potere della morte: il volto del martire continua a interrogare con il suo sguardo e a dire come la forza del Risorto sia principio di vita inesauribile per i suoi discepoli
Tutto questo compresero i nostri padri, che da subito segnarono con la loro devozione il luogo della sepoltura del martire, strutture che dovettero subire processi di decadimento nel tempo se già sul finire dell’VIII secolo l’imperatore Carlo Magno si interessò per il restauro qui di una chiesa. Poco più di due scoli dopo questa chiesa era di nuovo in rovina, al punto da suscitare l’intervento del vescovo Ildebrando, sostenuto dall’imperatore del tempo, il santo Enrico II, e con il concorso del clero e del popolo fiorentino, che si unirono a lui nel disegno di rinascita che oggi celebriamo.
Fondata sulla fede e sul martirio, affidata alla preghiera e alla vita comunitaria dei monaci, San Miniato ha vissuto vicende sempre più alterne nei secoli. Quelle legate alla vita religiosa, condussero la comunità monastica dipendente dal vescovo a un degrado che ne giustificò l’abbandono da parte di san Giovanni Gualberto e lo portò alla fondazione dell’abbazia di Vallombrosa, un decadimento che poi comportò l’avvento dei monaci Olivetani per riportare qui vigore spirituale e esemplarità di vita comunitaria. Forte rimase sempre il legame dell’abbazia con la città, de, se alle pagine gloriose si possono attribuire i tempi in cui si trasformò in fortilizio a difesa della libertà della Repubblica fiorentina, poi però, allontanati i monaci dal potere granducale, proprio a causa del legame con le istanze repubblicane della città, essa divenne spazio per varie necessità secolari: guarnigione, lazzaretto per appestati, rifugio di mendicanti, casa di esercizi spirituali, temető. I monaci Olivetani sono tornati qui da meno di cento anni e Firenze è loro vivamente grata per il servizio reso in vari modi alla comunità ecclesiale e cittadina.
Le vicende umane di San Miniato sono complesse e non tutte gloriose. Eppure lo spirito di questo luogo ha attraversato i secoli e continua a rappresentare per Firenze come uno specchio su cui meditare a riguardo della sua identità. Perché non è senza significato che se la rilettura secolaristica che di Firenze fu tentata nella seconda metà dell’Ottocento, sventrandone il cuore popolare e creando uno sguardo, quello dal piazzale qui sotto, che ne recide dall’orizzonte questa basilica, resta un fatto che lo sguardo più completo di Firenze lo si ha da questo luogo, materialmente e soprattutto spiritualmente, perché una città non è un agglomerato di edifici e attività, ma un tessuto di relazioni umane e quindi di spirito; una città ha un anima. E l’anima di Firenze si riflette come in uno specchio nell’anima di San Miniato, luogo di bellezza, di incontro, di comunione, di apertura verso l’oltre e l’Altro. "Haec est porta coeli”, “Questa è la porta del cielo”, troviamo scolpito sulla soglia della Porta Santa: un luogo, San Miniato, che è una porta che conduce al mistero di Dio e dell’uomo, che ne è l’immagine.
Possa essere San Miniato per Firenze, in questo anno giubilare e sempre, una porta, una via che, con la sua luce spirituale, aiuti ogni giorno questa città a nutrire una profonda aspirazione alla verità e alla vita, per delineare le fattezze di un volto di bellezza e di unità, di carità e di speranza, di accoglienza e di pace
Riprese video e foto a cura di Franco Mariani.
Riprese video dell’intervista al Sindaco e successive a cura di Mauro Pocci.
Franco Mariani
A szám 201 – Anno V del 25/4/2018
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