Emergenza Carceri: intervento del Cardinale Betori
Durante la celebrazione in Cattedrale a Firenze della 47ma Giornata Mondiale della Pace in occasione del 1 Enero, il Cardinale Giuseppe Betori è intervenuto sul problema carceri.
Prima di Natale ha celebrato una santa messa nel Carcere di Sollicciano, incontrando detenuti, personale di custodia, impiegati vari.
Vi proponiamo integralmente il passo dell’Omelia con la riflessione dell’Arcivescovo di Firenze, che poco spazio ha trovato tra la Società Civile.
«La fraternità genera pace sociale perché crea un equilibrio fra libertà e giustizia, fra responsabilità personale e solidarietà, fra bene dei singoli e bene comune» (Messaggio, 8). Da queste considerazioni scaturisce il richiamo del Papa a combattere la corruzione come pure il crimine organizzato e qui l’elenco che il Papa presenta è lungo e angosciante: produzione e spaccio di droga, sfruttamento del lavoro, traffici illeciti di denaro, speculazione finanziaria, prostituzione, traffico di esseri umani, abusi contro i minori, schiavitù, tragedie delle migrazioni.
A conclusione di questo elenco di crimini legati al disprezzo della dignità della persone umana, il Papa colloca alcune parole sulle «condizioni inumane di tante carceri», condizioni di cui offre una descrizione dura ma spesso purtroppo vera, anche in un Paese come il nostro che si vorrebbe testimone di civiltà: carceri «dove il detenuto è spesso ridotto in uno stato sub-umano e viene violato nella sua dignità di uomo, soffocato anche in ogni volontà ed espressione di riscatto» (Messaggio, 8).
Nei giorni precedenti il Natale ho avuto modo di tornare nel carcere di Sollicciano e ho potuto vedere di nuovo come il sovraffollamento delle carceri e la loro organizzazione renda crudeli e barbare le pene inflitte ai detenuti, che il carcere dovrebbe non annientare nella loro umanità ma al contrario redimere per un reinserimento positivo nella società. Vogliate ascoltare alcune parole che quei detenuti hanno scritto nella lettera che mi hanno consegnato in quella occasione: «Per noi, la luce da seguire è sempre più piccola e sempre più lontana; ogni giorno è una lotta per restare umani, per non perdere noi stessi e la nostra dignità, quando le necessità sono quelle primarie: pagkain, acqua calda, igiene, il semplice spazio vitale, il contatto con gli affetti, la maggior parte di noi non ha casa, né lavoro; molti non hanno istruzione; altri sono affetti da malattie mentali e fisiche; qualcuno non vede i propri figli per anni, adducendo la scusa di essere a… lavorare lontano; quasi nessuno ha un futuro semplice; siamo gli ultimi degli ultimi, e il carcere funziona come una discarica, dove nascondere i problemi sociali. [...] Signor Vescovo, oggi chiediamo a lei di farsi interprete della nostra voce soffocata, di dare lei voce alla nostra “ri-nascita” che per noi significa il superamento della non-vita per non-persone che siamo costretti a subire». Rispondo senza esitare a questo appello e faccio mie le parole di denuncia e di volontà di riscatto che i detenuti di Sollicciano mi hanno affidato. Possa la mia voce farle risuonare con maggior forza nella coscienza di quanti possono e debbono provvedere. Troppe promesse sono purtroppo annegate nel nulla. Non questa volta, pakiusap!
Lo sguardo del Papa si rivolge infine al rapporto tra la fraternità umana e la custodia e la coltivazione della natura. Anche queste sono parole che pesano: «La natura è a nostra disposizione, e noi siamo chiamati ad amministrarla responsabilmente. Sa halip, siamo spesso guidati dall’avidità, dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non custodiamo la natura, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura e da mettere a servizio dei fratelli, comprese le generazioni future» (Messaggio, 9). Solo una salda fraternità tra gli uomini può suggerire forme corrette di rapporto con il creato, perché tutti, oggi e negli anni a venire, possano godere dei frutti della terra.
Concludo ancora con le parole di Papa Francesco, quelle conclusive del suo Messaggio: «Cristo è venuto nel mondo per portarci la grazia divina, cioè la possibilità di partecipare alla sua vita. Ciò comporta tessere una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono totale di sé, secondo l’ampiezza e la profondità dell’amore di Dio»(Messaggio, 10). Nella fraternità edificheremo la pace.
Giuseppe Card. Betori
Arsobispo ng Florence
Mula sa numero 2 - Taon ko 22/01/2014
Sundin sa amin!