Il prete che accusò falsamente Fra Savonarola
Un anno prima che il buon Padre domenicano Girolamo Savonarola venisse arrestato, processato, e bruciato vivo in Piazza della Signoria dai suoi concittadini – da anni tra l’altro è aperto anche il processo di beatificazione, ma chissà se e quando verrà mai chiuso – bisogna registrare, correva l’anno 1497, le false accuse lanciate, tramite una lettera non firmata alle autorità cittadine, da una “corvo” fiorentino, poi identificato in un sacerdote che addirittura fu arrestato molto platealmente – all’epoca non esistevano le telecamere e le macchine fotografiche, ma già gli arresti erano compiuti molto platealmente…almeno a Firenze – mentre questi stava celebrando messa nella chiesa di Santa Maria Maggiore.
Il malfidato sacerdote fiorentino usò mettere in atto una pratica molto diffusa all’epoca nella Repubblica fiorentina, ovvero inserire nel tamburo, una speciale buca delle lettere che si trovava alla porta del palazzo del Magistrato degli Otto, una missiva non firmata. Queste accuse venivano chiamate dai fiorentini tamburate, in riferimento al nome dato alla speciale cassetta.
A dirla tutta nessuno può mettere, oggi come allora, la mano sul fuoco che le accuse lanciate, dal corvo nero contro l’aquila bianca e i suoi compagni, di “certi sdegni e passioni”, fossero accuse del tutto false, anche perché, come raccontano le cronache “nessuno degli Otto si accertò de visu, ma standosene alla parola di Fra Girolamo e de’ suoi compagni, indignati di quella bassa – e più bassa non poteva essere – ed oscura calunnia!".
Il malcapitato sacerdote fu rinchiuso nel carcere sotterraneo delle Stinche e qui interrogato dal Cancelliere degli Otto, il quale non fece molta fatica ad ottenere la confessione, in quanto il povero pretino, per la paura di essere torturato, confesso immediatamente tutto, ovvero di non avere nessuna prova delle accuse infamanti che aveva scritto sul domenicano e i suoi compagni, e che l’aveva fatto solo per un rancore che covava da anni nei confronti del Savonarola.
Davanti a così veloce confessione anche la sentenza degli Otto non tardò ad essere emessa e il 23 Juli 1497 il pretino fu portato in piazza del Duomo, dove da più di due ore si era accalcata una numerosa folla curiosa di assistere, e da un palco fatto costruire appositamente accanto al campanile, con una candela gialla in mano, ripeté parola per parola tutte le accuse false scritte nei confronti dei poveri frati domenicani, sottolineando che erano tutte accuse da lui inventate.
Per la città fu un vero e proprio scandalo, in quanto all’epoca non usava, come invece usa oggi, che un sacerdote parlasse pubblicamente di “certe cose sconche” non solo in un pubblica piazza, ma anche al pubblico, ovvero a donne e bambini.
Questo però non bastò al sacerdote per espiare i suoi peccati in quanto fu di nuovo riportato alle Stinche, riprocessato e condannato a rimanere in carcere ancora per diverso tempo.
Franco Mariani
Od broja 7 - Godina I 26/02/2014
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