ઇસ્ટર 2016: rinnovata la tradizione dello Scoppio del Carro
Il giorno di Pasqua a Firenze, કેથેડ્રલ સ્ક્વેર, si è rinnovata la storica rievocazione dello Scoppio del Carro, la più antica tradizione popolare fiorentina che si tramanda ormai da oltre 9 secoli e vuol ripercorrere le gesta dei fiorentini alle Crociate e del loro ritorno in città.
Alla storica rievocazione erano presenti il Sindaco Dario Nardella, l’Assessore alle Tradizioni popolari Andrea Vannucci, la Presidente del Consiglio Comunale Caterina Biti, il Presidente del Calcio Storico Michele Pierguidi e le autorità cittadine.
La storia affida a Pazzino de’ Pazzi, al ritorno da una crociata nel 1099, le origini dello scoppio del carro. Fu Pazzino, ખરેખર, a riportare alcune pietre focaie del sepolcro di Cristo con le quali poi a Firenze venivano illuminate le celebrazioni del sabato santo.
In un secondo tempo la cerimonia venne spostata alla domenica e i fiorentini decisero di costruire un carro trionfale che ancora oggi è scortato fino in piazza Duomo dagli armigeri del Comune nei tipici costumi.
Anche quest’anno la colombina ha compiuto un volo perfetto, segno di buon augurio: il razzo, che ha la forma appunto di una colombina, è partito dall’altare della Cattedrale, ha acceso il carro di fuoco, detto Brindellone, posizionato tra Duomo e Battistero e poi, è tornata indietro. Secondo la tradizione se la colombina riesce a rientrare ci saranno buoni raccolti.
Al termine un intoppo ha impedito alla bandiera del Comune di aprirsi come le altre due.
La rievocazione è stata seguita, come consueto, da fiorentini e turisti che hanno affollato piazza Duomo e le vie limitrofe e si è conclusa con la Santa Messa celebrata dal Cardinale Giuseppe Betori Arcivescovo di Firenze.
Prima dello Scoppio del Carro si è svolto il sorteggio dell’edizione 2016 ફૂટબૉલ ઇતિહાસ, la cui finale si giocherà il 24 જૂન, festa di San Giovanni.
La prima partita in programma sabato 11 giugno vedrà opposti i Verdi di San Giovanni contro i Bianchi di Santo Spirito, nella seconda gara, રવિવાર 12 giugno scenderanno in campo i Rossi di Santa Maria Novella contro gli Azzurri di Santa Croce.
Nelle omelie Pasquali – notte e giorno – il Cardinale Giuseppe Betori ha detto:
«Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» (Lc24,5-6), sono le parole che due uomini, presentatisi «in abito sfolgorante»,pronunciano nella tomba vuota. Da qui prende avvio la fede della Chiesa nella risurrezione di Gesù, colui che era stato crocifisso. Da quell’annuncio nasce il nostro annuncio: «Il Signore risorto!».
Anche noi, come le donne al sepolcro, rischiamo di lasciarci impaurireda quello spazio vuoto, che sembra deserto e che invece è colmo di una presenza nuova, di cui solo la parola dell’annuncio celeste svela il significato.
Anche oggi, all’uomo del nostro tempo, può apparire un vaneggiamentol’annuncio che un crocifisso è risorto. Lo diventa in particolare in questi giorni, in cui i nostri cuori sono feriti per la perdita, in un rovinoso incidente sulle strade della Spagna, di nostre care ragazze, in cerca – come è giusto chefacciano i giovani – di nuove conoscenze e di più estese esperienze; come pure siamo sopraffatti dallo sgomento per le morti di tanti innocenti, causate dadisumani terroristi a Bruxelles, folli che vogliono minare le radici stesse della nostra civiltà bestemmiando il nome di Dio; né possiamo cancellare dagli occhi il lugubre spettacolo di guerre e di miseria che insanguina e opprimetante regioni della terra e provoca il dramma di milioni di profughi che bussano alle nostre porte troppe volte chiuse nell’egoismo; છેલ્લા ખાતે, più sottile, ma non pesa meno sulla nostra coscienza il diffondersi nella nostra società di una cultura di morte che, in spregio al valore inalienabile della persona umana, fa vittime tra i più deboli e indifesi, dal grembo materno ai letti della sofferenza.
Solo l’annuncio che c’è altro oltre la morte, che la morte cioè non è l’ultima parola della vicenda umana e della storia del mondo, può far uscire dalla disperazione e dal non senso. Questo è ciò che i cristiani proclamano, come un tesoro prezioso da condividere con una umanità spesso confusa e spaventata, ma anche come una responsabilità impegnativa, perché è un annuncio che deve diventare trasparenza di vita. Una vita che esprima la convinzione che il Risorto abita la storia umana, e va cercato là dove è più necessario aprire varchi di speranza e legami di fiducia nell’esperienza dei singoli e nelle vicende della società. Colui che, ખરેખર, sembra essere stato perduto in un sepolcro vuoto, in realtà è da quel momento presente in ogni volto di uomo e di donna che chiede di essere incontrato nell’amore. La nuova casa del Figlio di Dio è un corpo trasfigurato, che non può essere contenuto in un tempio, tanto meno in un sepolcro, ma abita ogni umanità che condivide la condizione di umiliazione e povertà che egli ha scelto per farsi presente nella storia.
Il giorno di Pasqua.
La Pasqua a Firenze è evento fastoso, segnato dai bagliori e dal fragore dei giochi pirotecnici del Carro, un modo antico e bello per dire chela gioia di questa festa accomuna tutti: vuole penetrare il cuore di ciascuno,ma non teme anche di diventare esperienza di tutta una comunità. Così si attesta che ciò che appartiene ai cristiani non si consuma nel privato dei credenti, ma è dono offerto a tutti per diventare motivo di gioia e di condivisione, perfino di identità, al di là anche dell’adesione di fede.Intorno al Carro ci sentiamo tutti più fiorentini. Ci sentiamo un po’ tutti Pazzino de’ Pazzi quest’oggi, nell’orgoglio di mura scalate per primi, al fine di rendere libero l’accesso ai luoghi santi di Gerusalemme, a quel sepolcro dal cui vuoto – infinita fantasia di Dio – è scaturita la fede cristiana; un vuoto che ha generato pienezza, la fede nella vita che vince la morte.
Come vescovo di questa città, in questo giorno di festa per tutti, mi è d’obbligo però richiamare alla sorgente della festa, a porre lo sguardo lì da dove essa scaturisce. Se ci colpiscono infatti i fulgori e i potenti scoppi del Carro, non dobbiamo dimenticare che tutto questo nasce da un’umile fiammella, quella del Cero pasquale da cui ho tratto il fuoco che ha dato l’avvio al volo rapido della colombina. Se ci attrae la potenza del Carro, non dimentichiamo però l’umiltà del Cero, acceso nella Veglia pasquale dalle pietre del Santo Sepolcro. Da quel sepolcro, ખરેખર, che ne custodiva il corpo è risorto colui che era stato crocifisso, lui che nella notte del mondo è apparso come luce inestinguibile, che orienta la vita e la storia degli uomini.
Dopo l’eccitazione e lo stordimento dello scoppio del Carro vi invito pertanto ora a portare il vostro sguardo sul Cero, cioè su Cristo, lui che è il sole della vita e della storia degli uomini. I nostri padri lo hanno voluto impresso questo messaggio sul pavimento del nostro battistero, dove un’incantevole tarsia marmorea raffigura lo zodiaco con al centro un sole che così si presenta: «EN GIRO TORTE SOL CICLOS ET ROTOR IGNE», “Ecco io il sole, son volto dal fuoco e con esso volgo il corso delle orbite”.
Questa condizione di oscurità accompagna l’uomo in tutta la storia, ma si può dire che si è ulteriormente accentuata da quando egli ha preteso di possedere da sé i lumi che potevano chiarire tutto, il come delle cose e la loro natura, dovendo però nel contempo fare i conti con una crescenteconfusione circa i loro significati e i loro fini. Si sono così scatenate le ideologie più barbare e si è persino tentato di giustificare gli eccidi più inumani. Ancora oggi la confusione circa la persona umana e la sua dignità, le sue relazioni e i suoi progetti, sta disfacendo il tessuto sociale, minando le basi della giustizia e della solidarietà, con preoccupanti prospettive per il futuro stesso dell’umanità. Un uomo che non riesce a controllare più gli strumenti che si è dato, si avvia verso un mondo in cui ci si chiede se ci sarà ancora spazio per l’umanità così come la conosciamo.
Anche i due discepoli che la parola di Maria ha messo in moto giungono al sepolcro. Vi giungono con l’affanno di chi corre perché sa che deve vedere con i propri occhi per poter prendere posizionesull’interrogativo posto dalla donna. Ogni collocazione di fronte alla fede non può che essere personale, implicando una responsabilità che non può accettare che ci si adegui al pensiero dominante, ieri più favorevole al Vangelo, oggi con evidenza contrario. Di qui scaturisce un appello, perchéciascuno si sforzi di uscire dal conformismo e si impegni per una sceltapersonale, che non abbia timore di guardare il volto di Cristo e di confrontarsi con lui.
E giunti al sepolcro i due discepoli vedono: vedono i fatti, il sudario e i teli posti con ordine e non sottosopra, come sarebbe se il corpo di Gesù fosse stato trafugato. C’è un ordine in quella tomba che li interroga, ma che non basta a illuminare Pietro. Altra è invece la conclusione dell’altro discepolo, «quello che Gesù amava»: «Vide e credette» (Gv 20,8). Cosa differenzia Pietro da questo misterioso discepolo? L’esperienza che fanno è la medesima, ma la condizione del loro cuore è diversa. Il cuore di Pietro,lo conosciamo bene dal vangelo, è pieno di slanci e di scelte coraggiose,anche di rinnegamenti e subito dopo di pentimenti. Dell’altro discepolosappiamo poco o nulla, neppure il nome; ma ci è detto che egli è amato da Gesù. Non che Gesù non ami Pietro, ma nel cuore di quest’altro discepolo l’amore di Gesù ha trovato posto, per questo egli è simbolo di tutti coloro che Gesù affida alla propria Madre dalla croce, il simbolo di ogni vero discepolo, perfino di Pietro quando anch’egli si fa e si farà umile discepolo. La strada della fede è aperta dall’amore, l’amore che viene da Gesù e che èaccolto con umiltà. Poi ci sarà anche la parola, quella delle Scritture, che illuminerà questo mistero d’amore e lo renderà ragionevole alla mente dell’uomo. Si farà parola di annuncio come nell’esperienza dei primi credenti, quale ci è stata narrata nella prima lettura.
L’amore di Gesù e la sua parola ci permettono infatti di guardare le cose con i suoi occhi e di scoprirlo presente nella storia là dove egli ci ha detto: nei poveri anzitutto e in ogni esperienza di comunione e di servizio.Guidati da questo sguardo di amore e di vita è possibile pensare un mondo nuovo, libero dalla malvagità e proiettato verso il bene. A questo sguardo che va oltre la fatica del presente siamo oggi richiamati nella speranza che la Pasqua infonde nei nostri cuori. Guardando il mondo con gli occhi di Cristo sarà davvero una buona Pasqua.
Riprese di Italia 7.
Mariani Franco
સંખ્યા પ્રતિ 105 – Anno III del 23/3/2016
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