Quando la Messa a Firenze parla straniero
Le Comunità di migranti presenti nell’Arcidiocesi di Firenze attualmente sono poco meno di una trentina.
L’ultima ad essere ufficialmente costituita dall’Arcivescovo Betori è quella indiana.
Tra queste vengono annoverate anche quelle del carcere di Sollicciano.
Ognuna ha un proprio assistente, nella maggioranza sacerdoti originari delle comunità, che si trovano a Firenze per approfondire i loro studi teologici, nominati ad hoc per questo servizio dall’Arcivescovo.
Una “sensibilità” fiorentina particolare iniziata con il Cardinale Silvano Piovanelli, negli anni Ottanta, che ha cercato di trovare per tutti una sistemazione, anche per i fratelli separati che a Firenze erano senza una chiesa, mettendo a disposizione cappelle non più utilizzate dall’arcidiocesi, ampliatasi sotto l’episcopato del Cardinale Betori.
La Comunità straniera più storica è sicuramente quella francese che da sempre ha il suo punto di ritrovo nella chiesa di Borgo Pinti, affidata ai Padri Assunzionisti.
Quando ci fu la tragica alluvione del 1966 il restauro di questa chiesa fu eseguito a spese del governo francese.
Per la maggior parte si tratta di francesi che si trovano nel capoluogo toscano per motivi di lavoro e che vi rimangono per brevi periodi.
Due sono invece le Comunità più numerose, quella Filippina e quella Peruviana.
La prima dal 1988 ha a disposizione la chiesa di San Barnaba nel quartiere di San Lorenzo, recentemente restaurata. All’interno ci sono vari gruppi con propri settori d’intervento, guidati da un responsabile. La messa viene celebrata ogni domenica alle ore 18, mentre al giovedì pomeriggio ci sono altre attività.
I peruviani invece, e tutta la comunità latino americana, hanno un proprio Consiglio pastorale e si riuniscono il martedì sera e la domenica pomeriggio in via Boccherini 23.
La Comunità brasiliana e quella angolese si riuniscono ogni terza domenica del mese in via Faenza 62, ma privilegiano anche la chiesa di Santa Caterina a Coverciano. A questa comunità possono fare riferimento anche tutte le altre comunità di lingua portoghese.
E se civilmente la Comunità cinese è si numerosa, i cattolici cinesi sono pochissimi, una ventina. Fino all’anno scorso facevano riferimento alla parrocchia di San Donnino, affidati ad un sacerdote cinese, don Pietro Du Anjing, 42 anni della diocesi di Yun Cheng, che per un periodo è stato vice parroco a San Donnino, da don Giovanni Momigli, ma ora è rientrato in Cina.
La Comunità Ucraina si ritrova in via dei Lavatoi 3 il giovedì pomeriggio e la domenica alle ore 12,30.
I Polacchi invece si ritrovano la domenica pomeriggio in via dei Bardi 22.
La Comunità Senegalese si ritrovano in via Marsuppini 7.
Lo Sri Lanka in via Beata Angela 7.
Gli Albanesi sono affidati al sacerdote diocesano don Bledar Xhuli, 35.
Ci sono poi i Congolesi, i Nigeriani, la comunità anglofana, quella Rumena gli Ungheresi e quella dei Giostrai e i Circencensi, che nella nostra città abitano per diverso tempo durante l’anno; anche loro hanno un cappellano che è assistito da due catechisti, marito e moglie.
La prossima Comunità che dovrebbe nascere è quella degli aeroportuali, a Peretola, ma il nostro aeroporto, за разлика од други, è stato costruito senza una cappella, e quindi bisogna ancora aspettare.
Per conto dell’Arcivescovo Betori questo settore particolare, quanto vivo, della chiesa fiorentina dal 2010 è sotto “l’animazione”, come ama definirla lui, di Padre Stefano Messina, degli Oblati di Maria Immacolata, direttore dell’ufficio Migrantes dell’Arcidiocesi.
“L’arcivescovo è molto attento a questa problematica tanto che si preoccupa di trovare sempre luoghi accoglienti ed idonei. L’aspetto che però desidero sottolineare è la grande risorsa, la grande ricchezza interculturale che queste comunità offrono a tutti, l’esperienza che con loro possiamo fare di una fede molto viva, sentita, partecipata che abbiamo il compito delicato e importante di non mortificare, ma anzi di cercare di favorire ogni giorno, attraverso un’apertura culturale e missionaria. Oggi più che mai – conclude padre Messina – dinanzi all’altro diverso per condizione sociale, storia, cultura e religione, siamo interpellati a vivere un vero e proprio atteggiamento, una conversione del cuore, della mente e del modo con cui ci relazioniamo”.
Франко Маријани
Од бројот 8 - Година I 05/04/2014
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