Una mostra per raccontare i 50 anni della missione fiorentina a Salvador Bahia
Dopo cinquant’anni, possiamo dire che le favelas di Salvador Bahia sono una periferia di Firenze. Una periferia lontana, dove però da cinquant’anni a questa parte non è mai mancata la presenza di preti, laici, religiosi e religiose della Chiesa fiorentina.
Tas bija 1965 quando il primo missionario diocesano, don Renzo Rossi, (nella foto con i ragazzi della prima missione) si imbarcava dal porto di Genova per il Brasile. Un anniversario che non poteva essere dimenticato e per questo il Centro missionario diocesano ha voluto organizzare una mostra fotografica.
Paraugs, nella Sala delle Stimmate della basilica di San Lorenzo (ingresso dal lato destro della chiesa) si intitola “Un viaggio lungo cinquant’anni” e raccoglie molte fotografie inedite, con ampie didascalie che raccontano cosa è successo in questo mezzo secolo.
Resterà aperta fino al 13 dicembre con orario 10,30-19.
La storia inizia quando il Cardinale Ermenegildo Florit, allora Arcivescovo di Firenze, accettò la disponibilità di don Renzo Rossi a partire per la missione e gli indicò il Brasile, perché durante le sedute del Concilio Vaticano II alcuni vescovi brasiliani gli avevano ripetutamente chiesto l’invio di preti per coprire i bisogni pastorali di una Chiesa giovane e di un territorio pieno di problemi sociali.
Pochi anni prima, programmā 1957, era uscita l’enciclica «Fidei donum» con cui Pio XII invitava le diocesi europee a inviare sacerdoti per sostenere le missioni.
Dopo don Renzo arrivò in Brasile una missionaria laica, Maria Grassi: una ragazza di appena 25 anni che voleva dedicare qualche anno all’istruzione dei bambini, e sarebbe rimasta a fare scuola a Salvador Bahia per 25 gadi.
Uz 1968 arrivò don Giuseppe Ceccherini, che rimase per tre anni; programmā 1970 don Sergio Merlini, che sarebbe rimasto in Brasile fino al 1993.
L’elenco dei «fidei donum» fiorentini a Salvador Bahia è lungo: prosegue con don Alfredo Nesi, don Piero Sabatini, don Lorenzo Lisci, don Rodolfo Tedeschi, Luigina Vetere, don Alfonso Pacciani, don Wieslaw Olfier, don Gregorio Sierzputowski.
Fino ad arrivare ai giorni nostri, con don Luca Niccheri e don Paolo Sbolci che guidano la parrocchia di Massaranduba: a loro si è unita da poco un’altra missionaria laica, Alessandra Magi.
Vanno ricordate poi le congregazioni religiose di origine fiorentina presenti a Salvador Bahia: le Francescane dell’Immacolata, le Calasanziane, le Stabilite nella Carità, le Francescane di Ognissanti.
Da 25 anni poi alla missione diocesana si è affiancata l’associazione Agata Smeralda, che è diventata punto di riferimento fondamentale per il sostegno alle attività scolastiche, all’assistenza ai bambini e alle famiglie.
La missione fiorentina ha ricevuto anche le visite pastorali di tutti gli Arcivescovi di Firenze: dopo il Cardinale Florit, di cui quest’anno cade il 30° della morte, sono stati a Salvador Bahia anche i Cardinali Giovanni Benelli, Silvano Piovanelli, Ennio Antonelli, Giuseppe Betori.
Una storia che ha avuto tanti capitoli, con dei tratti comuni: il cammino parallelo tra annuncio del Vangelo e promozione umana, il forte coinvolgimento dei laici, i gruppi biblici nelle case a cui si è ispirata la tradizione fiorentina della catechesi degli adulti, il «trabalho conjunto» che ha visto nascere importanti forme di cooperazione sociale. Non c’è dubbio che in questi cinquant’anni la Chiesa fiorentina ha dato e ricevuto, insegnato e imparato.
Mattia Lattanzi
Numurs 89 - Gads II 2/12/2015
 
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