Jackson Pollock: la figura della furia
Il maestro del dripping, colui che ha iniziato un nuovo modo di dipingere è a Firenze.
Per la prima volta in mostra nel capoluogo toscano, nelle sale di Palazzo Vecchio e nel Complesso San Firenze, Jackson Pollock (1912 -1956), uno dei protagonisti dell’arte del XX secolo, sarà visibile dal 16 aprile al 27 luglio 2014.
L’esposizione delle opere dell’artista americano nell’anno in cui si celebra il 450° anniversario della morte di Michelangelo Buonarroti(1475-1564), non è casuale, dal momento che le opere del genio rinascimentale sono sempre state un punto di riferimento per il lavoro di Pollock.
Ben sedici opere sono presenti nella prestigiosa sede di Palazzo Vecchio, dove si conserva il Genio della Vittoria, celebre lavoro di Michelangelo dove sono evidenti quelle tensioni caratteristiche delle sue sculture che vengono riproposte in modo diverso anche nelle pitture di Pollock.
Dagli schizzi che Jackson Pollock fece, in riferimento agli antichi maestri dell’arte, risulta che fu molto colpito dal Giudizio Universale e dalla Cappella Sistina, che l’artista aveva avuto modo di conoscere mentre era allievo di presso Thomas Hart Benton, grande ammiratore di Michelangelo Buonarroti.
Pollock iniziò un modo nuovo di dipingere, partendo dalla comprensione della grande personalità di Michelangelo e della dimensione del suo imponente lavoro artistico.
Superando la verticalità del quadro sul cavalletto, Pollock stendeva la tela sul pavimento dipingendola con un procedimento denominato dripping, che consisteva nello sgocciolare il colore sulla tela direttamente dai contenitori intervenendo con un leggero movimento sui contenitori stessi.
Questa tecnica fu denominata action painting per descrivere l’azione del dipingere come in un corpo a corpo con la tela, senza un disegno preliminare, come se la pittura fosse originata ida se stessa.
Tra i lavori presenti in mostra si può ammirare anche il dipinto “Composition with Black Pouring” di collezione Olnick-Spanu a cui Pollock era particolarmente legato e che teneva nel proprio studio. L’opera è poi appartenuta a Hans Namut, il fotografo che con i suoi reportage del 1949 fece conoscere a tutti il lavoro di Pollock.
Nella seconda sezione, nella Sala della Musica del Complesso di San Firenze, sono proposti filmati e proiezioni della vita e delle opere di Pollock con spazi interattivi, apparati multimediali e didattici.
Paul Jackson Pollock (Cody, Wyoming, 1912 – Long Island, New York, 1956) nasce da una famiglia di umili origini contadine.
Sin dall’inizio dimostra interesse per l’arte, si iscrive alla Manual Art High School a Los Angeles nel 1925 e poi, dopo il trasferimento a New York a diciassette anni, all’Art Students League, dove acquisisce i primi rudimenti artistici e guarda all’arte modernista europea e messicana. Con la guida di Benton, che fu per l’artista un vero e proprio mentore e protettore, Pollock studia la tradizione antica – Michelangelo, Rubens, Tintoretto, El Greco – imparando i rudimenti del disegno e della composizione.
Pollock ebbe modo di frequentare lo studio di Siqueiros muralista messicano che nel 1936 apre uno studio a New York, sperimentando per la prima volta tecniche come l’impiego di vernice ad asciugatura rapida gettata direttamente sulla tela.
Sono gli anni di forte crisi personale, specialmente a causa dell’alcolismo, malattia da cui Pollock è affetto sin dall’adolescenza, porta l’artista ad una profonda depressione e al ricovero nel 1938 in un ospedale psichiatrico.
La psicanalisi avvicina Pollock alle teorie junghiane che lo portano verso un simbolismo inconscio, influenzato dallo stile di Picasso, Mirό e dalle teorie di John Graham, pittore russo emigrato che condivideva con Pollock l’ammirazione per il primitivismo picassiano.
All’inizio degli anni ’40 Pollock cominciò a sperimentare l’applicazione spontanea di pittura liquida all’interno delle sue tele, ispirata sia dall’esperienza avuta nello studio di Siqueiros che dall’automatismo psichico di matrice surrealista.
Fondamentale in questi anni sarà il sodalizio artistico e personale con l’artista Lee Krasner – con cui si sposerà nel 1945 – e la conoscenza di Peggy Guggenheim che diverrà sua principale mecenate.
Dal ’49 adotta esclusivamente il sistema del dripping, sgocciolando direttamente il barattolo di colore sulla tela posta a terra e usando sistematicamente colori industriali, vernici all’alluminio, frammenti di vetro e altri materiali eterogenei.
La tecnica dello sgocciolamento viene praticata sino al 1953, anno in cui il lessico pollockiano raggiunge un momento di crisi, alimentata dall’incapacità di rimanere sobrio.
Pollock smetterà di dipingere del tutto nel 1954 e nel 1956, in un momento di crisi coniugale con la moglie Lee Krasner.
Un incidente automobilistico lo porterà alla morte.
Cecilia Chiavistelli
Dal numero 14 – Anno I del 16/04/2014
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