Traslazione delle spoglie mortali della Serva di Dio Maria Cristina Ogier

Nel pomeriggio di domenica 8 gennaio 2023 l’Arcivescovo di Firenze Cardinale Giuseppe Betori, nella Basilica di San Miniato al Monte ha presieduto la traslazione canonica delle spoglie della Serva di Dio Maria Cristina Ogier nella Basilica di San Miniato al Monte.

Due teche trasparenti con i resti mortali da oggi sepolti all’interno della basilica nel primo gradino della scala sinistra che accede alla cripta.

Una cerimonia molto partecipata, solennizzata dalle voci dei monaci di San Miniato e del loro Abate Bernardo.

Le operazioni della traslazione hanno reso necessaria la presenza dei membri del tribunale ecclesiastico, con padre Francesco Romano, giudice delegato, che ha letto il rogito, con le necessarie notizie canoniche, inserito poi sigillato nella teca principale.

“La breve, ma intensa vita di Maria Cristina Ogier racchiude il messaggio di chi si è fatto testimone della presenza del Signore che ci incontra sulle strade della vita e ci chiede di accoglierlo e accompagnarlo da zoppo, cieco, malato, povero del necessario ma ricco di speranza”, le parole dell’Arcivescovo Betori -.

Questo il testo integrale dell’omelia pronunciata dal Cardinale Giuseppe Betori Arcivescovo di Firenze:

“L’atto con cui trasferiamo le spoglie mortali della Serva di Dio Maria Cristina Ogier in questa basilica si svolge nel giorno in cui la Chiesa fa memoria del Battesimo del Signore, l’evento con cui, nell’incontro con Giovanni Battista, suo Precursore, egli si manifesta all’umanità, e viene a noi rivelato dal segno dello Spirito e dalla voce del Padre, come il Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza.
Nel racconto del Vangelo secondo Matteo si dà particolare rilievo al dialogo tra Gesù e il Battista, che vorrebbe rifiutare di compiere sul Figlio di Dio quel gesto che egli propone in vista della conversione dell’umanità peccatrice. Ma Gesù si oppone al rifiuto di Giovanni: «Conviene che adempiamo ogni giustizia» (Mt 3,15). Gesù è stato inviato dal Padre per condividere la condizione umana e salvarla dal suo interno, e questa è la giustizia, cioè la volontà del Padre, che occorre compiere, e che il Figlio compirà fino a immedesimarsi sulla croce all’umanità votata alla morte, facendo di questo atto di condivisione la premessa della risurrezione e della vita eterna. Per compiere questa volontà Gesù sarà illuminato e vivificato dallo Spirito, che scende su di lui al momento del Battesimo, e si lascerà guidare dalla parola del Padre, che lo rivela a noi come «il Figlio mio, l’amato» (Mt 3,17).
Abbiamo già raccolto una serie di elementi, che illuminano il mistero di Gesù e, al tempo stesso, quello di coloro che gli appartengono, perché lo seguono conformandosi pienamente a lui. Ci aiutano quindi a comprendere il segreto di chi, come Maria Cristina Ogier, ci lascia segni esemplari di sequela del Signore: l’immedesimazione alle vicende della condizione umana come presupposto della sua redenzione; la ricerca della volontà di Dio per il suo pieno compimento; l’accoglienza del dono dello Spirito come principio che dà forma alla nostra vita; l’ascolto e l’obbedienza alla parola di Dio.
Tutto questo illumina le parole del libro del profeta Isaia proclamate nella lettura breve di questa preghiera liturgica: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra» (Is 49,6). Sono parole collocate nel contesto del secondo canto del Servo del Signore (Is 49,1-13) e ne descrivono la missione. Le si leggono nella festa del Battesimo del Signore perché quell’evento battesimale è rivelazione e primo passo della missione del Signore, un legame che si trova esplicitato nel vangelo di Luca, in cui queste parole contribuiscono a comporre il canto con cui Simeone accoglie il bambino Gesù nel Tempio e ne rivela la missione a Maria e Giuseppe. Ma la tradizione neotestamentaria non manca di riferire queste stesse parole alla missione degli apostoli, come fanno esplicitamente Paolo e Barnaba ad Antiochia di Pisidia (At 13,47). Da Gesù ai discepoli, in una continuità di missione che giunge fino ai nostri giorni e che ci rende responsabili della comunicazione della verità a ogni uomo. Essere luce per gli altri, come segno dell’amore di Dio per l’umanità; anche questo mi sembra un’indicazione che vediamo risplendere nella testimonianza della nostra Serva di Dio e che chiediamo che la Chiesa valuti nella sua esemplarità.
La breve ma intensa vita di Maria Cristina Ogier racchiude il messaggio di chi si è fatto testimone della presenza del Signore che ci incontra sulle strade della vita e ci chiede di accoglierlo e accompagnarlo da zoppo, cieco, malato, anche ricco di beni ma al tempo stesso povero della gioia di poterne godere, povero del necessario ma ricco di speranza.
La fede in germe, con precoce fioritura, attraversa giorno dopo giorno il progredire degli anni di Maria Cristina, con gli insuccessi umani, i limiti di un corpo ridotto nelle funzioni della deambulazione e perfino della scrittura, il dolore devastante. È stata una giovane ottimista, gioiosa e sempre pronta a consolare chi ne avesse bisogno. Tutto veniva da lei accolto e vissuto nella fede. Nel suo diario si legge: «Io dal Signore accetto tutto». Questa frase si riferisce alla triste prospettiva di rimanere su una sedia a rotelle e cieca, senza poter più assistere i bisognosi, quanto nella sua vita aveva messo per il Signore al primo posto.
Maria Cristina ha vissuto nel desiderio del Paradiso e chiamava la morte «benevola amica che mi congiungerà per sempre al mio Signore». Mai si è affidata alle proprie forze, ma totalmente a Dio. Emblematiche della sua spiritualità sono queste parole: «Perché hai usato con me tanta clemenza e tanto amore, io piccolo moscerino della terra?».
L’ultima lettera di Maria Cristina è del 26 dicembre 1973, tredici giorni prima di morire. È indirizzata al francescano p. Pio (Luciano) Conti, medico missionario nel Rio delle Amazzoni. Con lui aveva stretto amicizia e per lui aveva impiegato caparbiamente le sue energie per realizzare il sogno di fargli giungere un battello fluviale come ambulatorio. Le parole della lettera grondano di sofferenza, ma anche di grande speranza. E si concludono con questa umile richiesta: «prega per me e io prego per te, ne abbiamo tutti e due gran bisogno».
La giovane età della Serva di Dio non la rinchiude in uno stereotipo anagrafico. La cosa che sorprende e affascina leggendo la vita di questa giovane donna è di potervi vedere immagini di vita vera che parlano a ogni età e a ogni condizione di appartenenza.
Affidiamo alla saggezza e prudenza della Chiesa il compito di indicarci in che modo potremo nel futuro guardare alla sua testimonianza per trarne frutto per la nostra vita cristiana”.

Riprese video e foto di Franco Mariani

Franco Mariani
Dal numero 414 – Anno X del 11/01/2023

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