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tatge 1“Italia Metafisica” di George Tatge: una mostra di segni, simboli e geometrie sacre, ispirate dall’Italia costruita, marcata e modificata dall’intervento umano, allestita fino al 22 marzo a Villa Bardini.

Una iniziativa della Fondazione Bardini Peyron dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, col patrocinio del Comune di Firenze e la collaborazione del Consiglio Regionale della Toscana nell’ambito della Festa della Toscana, e il contributo di BassmArt, del gruppo Bassilichi.

Il curatore è Diego Mormorio.

Per l’occasione la visita all’esposizione è gratuita col pagamento, a prezzo ridotto, del solo ingresso alla villa dove sono visitabili anche i musei Annigoni e Capucci e la terrazza panoramica.

Nyob rau hauv 66 immagini esposte vediamo non solo l’architettura, ma anche edifici minori e manufatti di ogni tipo che l’uomo lascia dietro di sé. Metafore e misteri dell’abitare temporaneo nei luoghi, e dell’inevitabile passaggio oltre i luoghi stessi.

Dopo la mostra “Presenze e paesaggi italiani”, inaugurata sempre a Villa Bardini nel 2008 e dedicata alle trasformazioni del paesaggio italiano, Tatge ci propone una nuova serie di fotografie, anche questa volta scattate in giro per l’Italia, sul tema delle tracce che l’uomo genera e produce.

Il rapporto tra natura e uomo lascia il posto ad un solo protagonista, Tus txiv neej ntawd, e ai suoi interventi sul territorio, con tutti i significati sociali, industriali e religiosi che comportano.

Che si tratti di rigorose costruzioni di epoca romana o di anonimi condomini nelle periferie urbane, di imponenti chiese rinascimentali o di desolanti fabbriche dismesse, Tatge vede fondamentalmente una traccia, un’impronta profonda, talvolta nascosta.

Alcuni spazi possono ricordare le visioni dei pittori che hanno lavorato nel primo Novecento, ma in questo lavoro il termine Metafisico sottolinea l’utilizzo di un luogo fisico per esprimere un concetto astratto o un particolare stato d’animo.

L’attenzione dei Surrealisti per i simboli, per l’inconscio e per la complessità della psiche s’incontra anche in altre immagini di Tatge.

La sua poetica dello sguardo pone poesia e fotografia sullo stesso piano, in quanto entrambe arti del frammento.

Nell’ambito della mostra viene proiettato il film “Light and Silver, The Photographic Life of George Tatge” del regista italo-canadese David Battistella, con musiche di William Tatge, un compositore e musicista con base a New York e figlio di George. D

opo Villa Bardini la mostra sarà trasferita in varie città, come è avvenuto per “Presenze” che è stata esposta a Trieste, Perugia, La Spezia, Roma e a Parigi.

La rassegna è accompagnata da un libro pubblicato da Contrasto, con testi di Diego Mormorio e Carlo Sisi.

L’Italia di Tatge, osserva Mormorio, è un Paese “di tracce eclatanti, ma anche di piccoli segni indubitabilmente italiani, per i quali il fotografo, già da tempo, ha mostrato una sensibilità particolare, un tocco da maestro. Ricordo, perché indimenticabili, Piv txwv li,, i suoi orti. Bellissimi, odorosi quasi. Piccoli e ricavati fra le pieghe, ma che sembrano invitarci a camminarci in mezzo, mentre purtroppo ci tocca solo accarezzarli con l’occhio, da lontano, attraverso la fotografia. Una volta visti, ho, questi orti di Tatge, li si andrà un po’ a cercare, così come forse si potrà andare a cercare – e trovare – la luce che passa attraverso la Porta Etrusca di Perugia nella fotografia che in questo libro è quasi all’inizio. In questo modo, dalle immagini, oltre che un invito – o meglio, una serie di inviti – noi riceviamo una promessa. Dalla voce di una dea sconosciuta, ci sembra di udire: ‘Potrete andare lì, dove già siete. Ricordatevi di annaffiare le piante e di accarezzare con la mano le pietre’’’.

“La sequenza delle fotografie di Tatge – scrive nel catalogo Carlo Sisi – ci appare nel definitorio e trasfigurante bianco e nero cui il maestro ci ha da tempo abituati. Mi sembra che il significato di questo viaggio italiano manifesti davvero la convinzione poetica che l’antico, il moderno, il futuro convivano in unità creative di appartato coinvolgimento e che il deposito figurativo della storia debba essere usato come eredità, come un materiale da inventare, perennemente nuovo. Per questo i brani di città e di paesaggio, estratti come fossero parole espressive da una celebre pagina per consegnarle all’enigma metafisico dell’estraniamento, riassumono effettivamente la poetica e la tecnica di George Tatge: anticonvenzionale esteta della marginalità, archeologo delle nostre recenti sconfitte, ‘artiere’ (come piaceva al Novecento metafisico) di una realtà immaginata e vera a un tempo’’.

Nato a Istanbul nel 1951 da madre italiana e padre americano, George Tatge ha scelto, tsis tas li ntawd 40 xyoo dhau los, di vivere in Italia e di dedicarsi alla scoperta di questa terra affascinante e complessa.

Ha così raccontato la penisola con la sua Deardorff 13 x 18cm, una macchina leggendaria a soffietto che produce negativi in bianco e nero di grande formato che vengono stampati dall’autore in camera oscura.

Una tecnica lenta e meditativa per capire un mondo in rapida trasformazione e per produrre immagini che ispirano i visitatori ad uno sguardo lungo e approfondito.

Tatge ha trascorso l’adolescenza tra l’Europa ed il Medio Oriente prima di trasferirsi negli Stati Uniti. Laureato in letteratura inglese, ha cominciato a studiare la fotografia con l’ungherese Michael Simon.

Si è poi trasferito in Italia nel 1973, lavorando prima a Roma come giornalista e quindi a Todi, dove ha scelto di vivere per dodici anni, scrivendo per Art Forum e altri, e portando avanti le sue ricerche fotografiche.

La sua prima mostra in Italia è stata alla Galleria Il Diaframma di Milano nel 1973 e il suo primo libro ‘Perugia terra vecchia terra nuova’ è uscito nel 1981.

Da allora ha presentato mostre in America ed in Europa e le sue opere fanno parte di collezioni tra cui quella del Metropolitan Museum di New York, del George Eastman House di Rochester, del Houston Museum of Fine Arts, del Centre Canadien d’ArchItecture a Montreal, del Helmut Gernsheim Collection a Mannheim e della Maison Européenne de la Photographie di Parigi.

Ntawm 1986 mus 2003 è stato dirigente tecnico-fotografico della Fratelli Alinari di Firenze per la quale ha condotto campagne fotografiche su tutto il territorio italiano pubblicate in numerosi volumi.

Le sue immagini sono state ospitate in sedi prestigiose in tutto il mondo quali The American Academy a Roma (1981), il MASP di Sao Paulo in Brasile (1988), la Biennale di Venezia (1995) il Museo Peggy Guggenheim di Venezia (2005), il Reiss-Engelhorn Museum a Mannheim ( 2003), The George Eastman House a Rochester (2004), il MAXXI di Roma (2007).

Nyob rau hauv 2010 ha ricevuto il Premio Friuli Venezia Giulia per la Fotografia.

Oggi vive a Firenze, www.georgetatge.com

Cecilia Latches

Los ntawm cov xov tooj 55 – Anno II dell’11/03/2015

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