Sestino, l’antico comune più orientale della Toscana
Sestino è un piccolo comune di 1.386 abitanti della provincia di Arezzo. È il comune più orientale della Toscana e, nell’ambito della provincia, quello più distante dal capoluogo (79 km). Situato ai confini con le Marche e l’Emilia Romagna, posto sulle pendici dell’Appennino centrale, si erge a 496 metri sul livello del mare.
Sestino è una terra antica, da sempre calcata da popoli che vi transitavano lasciando tracce del loro passaggio e della loro permanenza. Così tribù protostoriche, Etruschi, Piceni, Umbri, Galli Senoni e poi Romani hanno forgiato la storia di Sestino. Quando a Sestino giunsero i Romani il territorio era già da tempo abitato e frequentato da pastori, cacciatori, agricoltori, come testimoniano ritrovamenti di punte e frecce e di resti capannicoli.
Nel I secolo a.C. i romani cominciarono la costruzione di una grande città (con un Municipium con il Foro, la Curia e le Terme) in questo crocevia degli appennini, dove convergevano strade per le Marche, la Toscana e la Romagna. La storia romana di Sestino e delle sue più rinomate famiglie (Voluseni e Cesii), si può ancor oggi ammirare nell’Antiquarium Nazionale.
Nel 1566 Cosimo I de Medici iniziò la costruzione di una città fortezza sul Sasso di Simone per difendere i confini del granducato contro le mire espansionistiche dei duchi di Urbino.
Fino al 1779 la pieve di San Pancrazio di Sestino ha avuto una propria autonomia e l’arciprete esercitava una giurisdizione di tipo episcopale sulla chiese del territorio; nello stesso anno l’arcipretura nullius dioecesis di Sestino venne soppressa e aggregata alla diocesi di Sansepolcro.
Suggestiva la Chiesa di San Donato, dove sono stati recentemente portati alla luce diversi affreschi sovrapposti riferiti a tre diverse epoche; il primo risalirebbe alla fine del XV secolo, il secondo al XIV secolo e il terzo al XIII secolo. Le immagini sarebbero quelle di una Madonna in trono con bambino con figure di Angeli e Santi, tra i quali Sant’Agostino e San Sebastiano.
Il Municipio nel centro di Sestino, oltre a conservare alcuni stemmi di antichi podestà e l’arme dei Medici, riporta scolpiti due fiori della vita e al centro una croce. Nel paese è presente anche un Antiquarium Nazionale con diversi reperti dell’epoca romana risalenti fino all’XI secolo a.C. del calibro di statue di magistrati e di divinità tra cui una “Venere da Sestino”, oltre ad un particolare tempietto funerario a edicola circolare di età protoaugustea che aveva una scalinata di accesso. È stato ritrovato nel 1904.
Nella cripta è presente una colonna centrale romana e l’altare maggiore è un cippo romano dedicato al “Genius loci”, un’entità soprannaturale legata ad un particolare luogo, a testimonianza che questo oggetto di culto pagano è divenuto successivamente nella chiesa il principale oggetto di culto cristiano.
A ridosso del paese esiste una formazione geologica davvero particolare, costituita da un imponente rilievo calcareo di 1204 metri di altezza con cima piatta dal nome di Sasso Simone. Fu frequentato all’epoca del bronzo e utilizzato come tempio naturale per le divinità adorate dagli antichi sacerdoti romani, detti i “Semoni”, da qui l’origine del nome “Sasso Simone”. Ma secondo una leggenda, sembra che il nome sia più propriamente dovuto ad un eremita giunto dall’oriente che avrebbe scelto di viverci in totale solitudine e preghiera.
In seguito, verso l’anno 1000, vi fu edificata un’abbazia benedettina dedicata a San Michele Arcangelo. I monaci che qui vi abitavano in totale clausura, riuscirono a coltivare l’altipiano ricavandoci cereali, lino e piselli. Purtroppo però, già nel 1200, vi fu un brusco cambiamento climatico con inverni sempre più rigidi e la cima divenne invivibile obbligando i monaci a trasferirsi altrove, inizialmente solo per l’inverno ma successivamente per l’intero anno, spopolando progressivamente l’intera zona.
Interessante per alcune simbologie è la Chiesa di San Michele, in località Casale a Sestino. Sorge in un’area sacra ai romani, come testimonia il riutilizzo di diverso materiale di recupero per l’edificazione della Chiesa: un esempio è nel gradino all’entrata che altri non è che il coperchio di un sarcofago.
All’esterno della chiesa, lungo l’abside, sono presenti alcune formelle decorative che riportano simbologie molto particolari di stampo romanico risalenti al XII secolo: una croce greca, figure di animali, una stella a 5 punte e soprattutto la presenza di mammelle. Questa anomala scultura di stampo pagano è il chiaro simbolo della fertilità. Le mammelle, fin dai tempi antichi, hanno sempre indicato la “Dea” o “Madre Terra”; infatti oggi il seno viene spesso mostrato anche nella “Madonna” nell’allattamento del proprio figlio Gesù Cristo. Sono denominate “mamme longobarde” o “pocce lattarie” e sarebbero da ricollegarsi alle coppelle che ritroviamo in molte zone italiane, la cui presenza è tutt’oggi misteriosa. Queste piccole coppe, situate in luoghi sacri, servivano per la raccolta dell’acqua piovana che, mista a calcare, dava quell’effetto “lattugginoso” importante per la riuscita del culto di fertilità.
I contadini locali narrano che le giovani mamme si strofinavano le pietre sul seno, affinché potessero ottenere un ricco flusso di latte per i propri figli. Un rituale pagano che poi è stato ripreso dal Cristianesimo con la figura molto diffusa della Madonna del Latte. La lattazione per una donna era di fondamentale importanza, non esistendo i prodotti sostituti per i neonati che abbiamo oggi. Non avere latte portava alla morte del proprio bambino e ci si affidava a preghiere e a culti propiziatori perché questo non accadesse.
Mattia Lattanzi
Dal numero 36 – Anno I del 22/10/2014
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